GENTILE, IL PUNTO DI VISTA TRASCENDENTALE

 

Il punto di vista trascendentale è quello che si coglie nella realtà del nostro pensiero quando il pensiero si consideri non come atto compiuto, ma, per cosí dire, quasi atto in atto: atto, che non si può assolutamente trascendere, perché esso è la nostra stessa soggettività, cioè noi stessi; atto, che non si può mai e in nessun modo oggettivare. Il punto di vista nuovo, infatti, a cui conviene collocarsi, è questo dell'attualità dell'Io, per cui non è possibile mai che si concepisca l'Io come oggetto di se medesimo. Ogni tentativo che si faccia... di oggettivare l'Io, il pensare, l'attività nostra interiore, in cui consiste la nostra spiritualità, è un tentativo destinato a fallire, che lascerà sempre fuori di sé quello appunto che vorrà contenere. [...] Nel definire come oggetto determinato di un nostro pensiero la nostra stessa attività pensante, dobbiamo sempre ricordare che la definizione è resa possibile dal rimanere la nostra attività pensante, non come oggetto, ma soggetto della nostra stessa definizione, in qualunque modo noi si concepisca questo concetto della nostra attività pensante. La vera attività pensante non è quella che definiamo, ma lo stesso pensiero che definisce. [...] Distinguiamo pure la Divina Commedia da Dante che la scrisse e da noi che la leggiamo, ma avvertiamo poi che questa Divina Commedia, che cosí distinguiamo da noi, è da noi ed in noi, dentro la nostra mente, pensata come distinta da noi. È cioè, essa stessa, in noi malgrado la distinzione: in noi, in quanto la pensiamo. Sicché non è nulla di estraneo a noi che la pensiamo. Staccare, dunque, i fatti dello spirito dalla vita reale di questo, è come perderli di vista e non ravvisarli piú nella loro intima natura per quel che essi sono quando si realizzano. [...] Un mondo spirituale è concepibile soltanto in questo modo: che non si contrapponga all'attività di chi lo concepisce, se ha da concepirlo veramente come spirituale. Altri, oltre di noi, non ci può essere, parlando a rigore, se noi lo conosciamo, e ne parliamo. Conoscere è identificare, superare l'alterità come tale. L'altro è semplicemente una tappa attraverso la quale dobbiamo passare, se dobbiamo obbedire alla natura immanente del nostro spirito. [...] Ma questa proposizione, che il mondo spirituale è concepibile soltanto come la realtà stessa della mia attività spirituale, sarebbe evidentemente assurda se non si tenesse ben ferma la distinzione... tra Io trascendentale e lo empirico; e non si tenesse egualmente ben fermo il concetto che !a realtà del primo è la realtà fondamentale, fuori della quale non è possibile pensare la realtà del secondo. Giacché se si guarda l'io empirico, la proposizione non ha senso. Empiricamente, io sono un individuo non solo contrapposto a tutte le cose materiali, ma a tutti egualmente gli individui a cui attribuisco valore spirituale: poiché tutti gli oggetti dell'esperienza, quale si sia il loro valore, sono non pure distinti, ma separati tra loro, in modo che ognun d'essi esclude assolutamente da sé, a causa della sua particolarità, tutti gli altri. E sul terreno dell'esperienza tutti i nostri problemi morali sorgono appunto da questa opposizione assoluta in cui l'Io empiricamente si distingue da tutte le persone, e deve tuttavia instaurare un'armonia, un'unità, con tutti gli altri e con tutto l'altro. Sorgono... ma non si risolvono, se non quando l'uomo arrivi a sentire i bisogni altrui come bisogni propri, e la propria vita, quindi, non chiusa nell'angusta cerchia della sua empirica personalità, ma intesa sempre ad espandersi nell'attuosità di uno Spirito superiore a tutti gli interessi particolari, eppure immanente al centro stesso della sua personalità piú profonda. [...] Non si creda tuttavia che il concetto di questa piú profonda personalità, della Persona che non ha plurale, escluda ed annulli affatto ogni concetto dell'io empirico. L'idealismo non vuole essere misticismo. L'individuo particolare non svanisce nel seno dell'Io assolutamente e veramente reale. Perché l'Io assoluto, che è uno e in sé unifica ogni io particolare ed empirico, unifica, non distrugge. La realtà dell'Io trascendentale importa pure la realtà di quello empirico. [...] Il soggetto che risolve in sé l'oggetto, almeno quando questo oggetto è realtà spirituale, non è essere, né stato dell'essere: non è niente d'immediato ... ma processo costruttivo. Processo costruttivo dell'oggetto in quanto si costituisce soggetto del suo atto rispettivo. [...] L'idealismo è sí la negazione di ogni realtà che si opponga al pensiero come suo presupposto, ma è anche la negazione dello stesso pensiero, quale attività pensante, se concepita come realtà già costituita, fuori del suo svolgimento, sostanza indipendente dalla sua reale manifestazione. Per l'idealismo... non c'è né uno spirito, né lo Spirito: perché essere e spirito sono termini contraddittori. [...] Nel mondo della natura, tutto è per natura; nel mondo dello spirito nessuno e nulla è per natura; ma è tutto quello che diviene per opera sua propria.

 

(G. Gentile, Teoria generale dello spirito come atto puro)