GENTILE, LO STATO FASCISTA
Lo Stato fascista è lo Stato sovrano. Sovrano in fatti, e non a parole. Stato forte, la cui forza non ne ammette altre pari e limitatrici, quantunque anch'essa, come ogni forza morale, si dia da sé e però abbia in se medesima il proprio limite. Lo Stato fascista non vuol essere lo Stato sovrapposto al cittadino, anzi uno Stato che investa il cittadino e si attui nella sua coscienza; e per potervisi attuare, la promuove e la educa, la conosce e la riconosce, e la tratta come quella che essa è e come quella che dev'essere, storicamente ed economicamente, moralmente e politicamente, con tutti i suoi interessi fondamentali che ne determinano l'orientamento e le imprimono una speciale attività. Lo Stato fascista, per compenetrare e indirizzare la coscienza de' cittadini, vuole organizzarli nell'unità nazionale; che è pur essa un'anima, una persona, una volontà possente, consapevole de' suoi fini. Poiché lo Stato ha i suoi fini che non sono quelli di nessun cittadino particolare, né di nessuna classe di cittadini; né della somma o massa totale degli individui che un determinato giorno vivano sul territorio dello Stato congiunti da un comune vincolo giuridico. L'unità nazionale (i fascisti lo sanno e lo sentono vivamente) non è qualche cosa che esista già in un tempo determinato. Ha le sue radici nel passato e dal presente si protende all'avvenire: e oggi vive in quanto con la vitalità che è frutto di secoli si volge al domani prossimo e remoto e vi si proietta, e vi si intuisce, e vagheggia nel suo maggiore destino, che è il suo programma, la molla d'ogni suo sforzo, la ragion d'essere della stessa sua vita.
Lo Stato fascista è idea che si attua vigorosamente; ma è idea; e come tale trascende ogni presente e ogni forma contingente e materialisticamente definita. Perciò accentua innanzi al cittadino più il dovere che il diritto; e lo sollecita a superare se stesso e a cercare il suo interesse presente nel futuro, il suo vantaggio personale in quello della Patria, a cui si deve ogni sacrifizio e da cui è da aspettare ogni premio.
La Commissione, composta di fascisti e di vecchi liberali che al Fascismo guardano con sincera simpatia e fiducia, si ispirò con pienezza e unanimità di sentimenti a tale concetto, che è il programma del Governo nazionale e del Partito Fascista.
Essa non ha pensato in un solo momento che fosse perciò da sovvertire lo Stato italiano sorto dalla rivoluzione del Risorgimento. E così ha creduto di rendersi fedele interprete dello spirito del fascismo, nato a costruire, non a distruggere. Ed essa è convinta che lo Stato del Risorgimento e della gloriosa Monarchia nazionale, che dagli albori antelucani della riscossa accompagnò e resse con fede magnanima il popolo italiano fino al pieno meriggio della grande guerra vittoriosa e restitutrice dell'Italia in agognati confini, questo Stato sia ormai, per forza di tradizioni divenute sacre a ogni cuore italiano, una solida costruzione da rispettare e una solida base su cui edificare lo Stato della rivoluzione fascista. Sicché, nella serie delle proposte relative al congegno dei poteri supremi dello Stato, che si onora di sottoporre al giudizio dell'E. V., la Commissione ha creduto di doversi restringere a liberare quell'antica e veneranda base costituzionale dello Stato italiano dalle soprastrutture che lentamente, nella corruzione del nostro sistema parlamentare, le si erano sovrapposte, e che l'avevano a poco a poco fatta servire a fini lontani dal pensiero dei fondatori.
Basta ricordare la dichiarazione che l'8 febbraio 1848 il ministro degli Esteri di Carlo Alberto faceva ai rappresentanti delle nazioni straniere annunziando la Costituzione concessa «come la più monarchica possibile», e poi rammentare le modificazioni dello stesso Stato che ministri di S. M. il Re, nell'infausto anno 1919, giunsero a ritener mature, per misurare la lunga via percorsa dalle nostre istituzioni a ritroso di quella su cui si credette dapprima d'incamminarsi.
(G. Gentile)