GENTILE, Il corpo espressione dell'anima e la parola

 

Quando il poeta canta nel suo verso divino: Incipe, parve puer, risu cognoscere matrem, contrassegna in modo mirabile non il primo svegliarsi dell'anima, ma l'alba dell'intelligenza pensante. Prima ancora che questa conoscenza del volto materno si manifesti ed esprima nel sorriso dell'amore infantile, già l'anima ha amato, e ha guardato tante volte con desiderio a quel seno da cui attinge la vita, cioè se stessa. Ma perché il verso sia interamente vero bisogna che questo prima si attenui e vanisca in un punto sfuggente all'infinito. Certo, da quando l'uomo conosce, e cioè pensa, egli esprime col sorriso, con lo sguardo, col braccio e la mano che accenna vagamente, e insomma con lo stesso corpo naturale, il moto interno dell'anima, che è già con se stessa, e nei primi albori della coscienza riesce già a specchiarsi dentro se stessa. Il corpo naturale è, com'è noto, il mezzo fisico onde le anime comunicano tra loro. Un corpo muto, assolutamente immobile, in cui non solo la lingua tacesse, ma ogni membro, ogni linea, ogni fibra rimanesse immota, chiuderebbe l'anima in un enigma impenetrabile. Già lo stesso silenzio molte volte è eloquente; e in verità non c'è enigma, che in sé abbia un significato e che possa per sempre sottrarsi all'ingegno scrutatore dell'uomo. C'è il linguaggio della parola e c'è quello del silenzio; e infine anche l'assoluta immobilità dei vivi ha anch'essa un suo, ancorché oscuro, significato. Comunque, dicendo che l'anima s'incorpora nel pensiero, non abbiamo adoperato una metafora. L'anima, realizzandosi nella sintesi del pensiero, s'incarna appunto nel corpo propriamente detto. Il quale, non nella sua presunta immediatezza fisica, ma nella sua attualità consapevole (qual è nella coscienza e per la coscienza) è l'espressione dell'anima: quella medesima espressione che l'anima trova nel pensiero. Pensare infatti è impossibile senza parole. Il verbo della mente è parola, che ha la sua esistenza nel mondo fisico: dove la cosiddetta natura ne subisce una modificazione. Parola parlata o scritta, figura formata o disegnata, corpo concepito o plasmato ecc., l'espressione del pensiero, il pensiero cioè in quanto formato, s'inserisce nella natura. Può diventare un libro, di certe dimensioni, di certo volume, di certo peso, come ogni oggetto fisico; può diventare una grande mole architettonica, che sfiderà co' suoi marmi e con i suoi bronzi l'inclemenza delle tempeste e l'edacità del tempo. Ma, anche se non diventi qualcosa di materiale a tal titolo, la sua stessa consistenza spirituale ce la farà raffigurare nello stesso mondo delle cose materiali, dove gli uomini parlano e cantano con un meccanismo analogo a quello in cui le belve urlano nel deserto, gli usignoli gorgheggiano tra le siepi, e le montagne si levano sublimi al cielo. È questa parusia del pensiero nel mondo della natura che svela il segreto delle anime, e rende possibile, a chi ascolta, intendere il pensiero di chi parla, e a chi vede un quadro penetrare nell'anima di chi lo dipinse. Ma che cos'è questa natura in cui il pensiero formandosi si manifesta? La natura, abbiamo visto, è lo stesso nostro corpo. E il corpo, nella sua relativa immediatezza, quale lo troviamo sempre alla base della nostra personalità, è il sentimento. Quel sentimento che è uno, uno per ciascuno che senta, e uno per tutti; sì che, nella sua schiettezza, sgombrato che sia di ciò che l'offusca piuttosto che manifestarlo, accomuna tutti e tutti stringe col vincolo d'amore onde ognuno è avvinto a se medesimo. Ed ecco perché nella natura tutti ci ritroviamo e c'intendiamo; perché un quadro, dipinto che sia e allogato nel mondo delle cose naturali, viene ad assumere un'esistenza che vale non soltanto per il pittore, ma per tutti. Il sentimento è l'unità fondamentale, il comune denominatore, l'universale linguaggio degli spiriti. Tutto che esca da mente umana deve aver virtù di colpire e interessare il sentimento per esser compreso e avere per tutti valore universale. E ciò che non raggiunge questa profonda radice dell'uomo può essere chiaramente e rigorosamente pensato e dedotto, può essere formulato in parole del più noto vocabolario e con tutte le regole dell'arte, e tuttavia non suscitare interesse, non richiamare perciò neanche un minimo d'attenzione; e così restare innanzi agli occhi della mente senza esser guardato, e perciò senz'esser veduto. Pare che nei casi simili il pensiero si trovi innanzi a edifizi magnifici, in cui si può pure aver voglia di entrare; ma di cui non riesce trovare la porta. La porta dello spirito è infatti sempre il sentimento. Perciò l'importanza grandissima attribuita dai pedagogisti all'interesse: poco e male inteso, per solito, e ridotto a una specie di mito, ma comunque, accennante a quest'intimo rapporto di ogni verità appresa come tale con ciò che lo spirito ha di più soggettivo. Di qui una considerazione di molto rilievo sulla natura della parola. La quale è bensì pensiero, ma per la sua “naturalità” ci riconduce al sentimento. Ed ha in verità dell'arte e del pensiero; e si preclude la via all'intendimento dell'essenza del linguaggio chi ne vede soltanto il lato poetico e subbiettivo. Già chi fece coincidere la linguistica con l'estetica, vi fu indotto dal chiarito dualismo della sua dottrina della forma, intesa come espressione di un contenuto che trascenda con la sua immediatezza la stessa espressione. Ammesso infatti che l'arte consista in quest'espressione o elaborazione di primo grado che lo spirito faccia del suo oggetto, niun dubbio che fin dal grado più elementare di siffatta elaborazione si richieda il linguaggio. Ma, una volta ricondotta l'arte alla più pura soggettività, allora lingua mortal non dice quel che si prova in questa soggettività. Per aver l'espressione allora bisogna superare la semplice soggettività dei tempi muti, di cui favoleggia il Vico. E venire alla consapevolezza, che è autocoscienza. Non c'è linguaggio senza autocoscienza. Se si pensa che nella storia della natura questa autocoscienza comincia con l'uomo, ecco, l'uomo è il solo animale che parli. E progredire nella coscienza di sé con un'analisi sempre più profonda di se stesso (e cioè di tutto), progredire nel pensiero e nel sapere, è progredire nella capacità di esprimere esattamente il proprio interno. Bisogna che il soggetto si faccia oggetto, e si venga attuando la sintesi reale dello spirito, perché l'anima irrompa, per così dire, nel mondo, e si manifesti, o lo raccolga dentro di sé e lo faccia risonare e vibrare della sua propria vita. Bisogna che venga il pensiero con la sua analisi del primitivo indistinto; e lo varii e moltiplichi e distingua elemento da elemento, e lo articoli e snodi nella struttura, nell'unità del molteplice che è la forma del pensiero. Allora il sentimento, abbiamo detto, si moltiplica esso stesso e si organizza: quel corpo in nuce, che esso è, si dispiega in parti diverse e congiunte anzi unificate nel circolo della sua vita e della sua esistenza. Ecco allora i molteplici elementi fisici distinguersi e diventare le tante parole, che sono gli organi dell'organismo, in cui si configura e attua il pensiero. Sono gli elementi fisici in cui si dirompe l'unità della natura, che è la stessa unità del corpo obiectum mentis, anzi lo stesso sentire fondamentale della mente. E chi voglia intendere le parole, guai se le prende ad una ad una come il pensiero le mette insieme; guai se deve cercarle nel vocabolario; guai se si ferma a considerarle nel loro suono, che è l'insieme di tanti suoni, o nella loro forma flessionale, e insomma per quel che esse sono in se stesse meccanicamente, private dell'anima che vibra nella sintesi del pensiero espresso. Il pensiero è pensabile a un patto; che sia pensare d'un pensante, e si scorga perciò nel flusso che emana dall'anima che pensa. Insomma, la lingua è organismo, che nella molteplicità del suo sviluppo è pensiero, nell'unità che anima questo pensiero, è sentimento. Significa, in quanto sentimento; staccata dal quale è fuoco che cade in cenere. Molteplicità e unità, è però sempre spirito, non come volgarmente vien concepita, quasi veste del sentimento o del pensiero, che sia da aggiungere alla vita dello spirito. Oltre il pensiero che la varia nella sua molteplicità, oltre il sentimento che stringe questa molteplicità nella sua unità, non c'è residuo.

 

(G. Gentile)