GENTILE, Il problema dell'arte

 

Il problema dell'arte adunque non è una curiosità, ma un vero e proprio problema, o problema filosofico. Non è accidentale, ma necessario. E se ne occupa la filosofia, perché se ne occupano tutti gli uomini. E non possono non occuparsene, perché ad esso appartengono i due caratteri, che son propri di tutti i problemi umani. Uno dei quali è, che l'arte non è nulla di estrinseco ed avventizio nell'uomo, come tutto ciò che, rientrando nel così detto contenuto dell'esperienza umana, può esserci e non esserci, restando lo spirito umano, che è il soggetto dell'esperienza, il medesimo: come tutti gli oggetti della natura, ciascuno dei quali può essere e non essere da noi conosciuto o desiderato o trattato comunque quale materia del nostro operare, e può perciò interessarci o meno; e tutti altresì i singoli fatti storici, che ad uno ad uno possono essere conosciuti e possono essere anche ignorati senza che la nostra vita, essenzialmente, muti tenore per la conoscenza di essi, e senza che l'animo nostro resti in preda a un disagio insopportabile per la loro ignoranza. L'arte invece appartiene a ciò che vi è di più intimo all'uomo; a ciò che è perciò meno separabile dalla sua vita, o, meglio, da cui meno è dato di astrarre. E se si divide tutto il pensabile tra quella parte dell'essere che si può dire sia lo stesso uomo, in generale, e quella parte che costituisce il resto del pensabile, l'arte non è fuori della prima parte. E come l'uomo non può spogliarsi di se stesso, così non può privarsi dell'arte, e non può non trovarla dentro di sé come un aureo filo intessuto alla trama della sua vita. Ci sono nell'arte gli spiriti privilegiati, i creatori, i genî; e ci sono gli spiriti dotati di semplice capacità percettiva della realtà artistica, che altri hanno creata e vengono creando. Così ci sono opere d'arte alla cui produzione occorse una squisita sapienza tecnica; e ci sono forme artistiche elementari e primitive la cui produzione e percezione non addimanda, si può dire, nessuna speciale preparazione di cultura e cognizione di mezzi tecnici. Ma, come non c'è uomo che non parli, qualunque sia il grado di svolgimento del linguaggio di cui egli si serve; come non c'è uomo che non pensi e non regga il suo pensiero con le norme di una struttura razionale universalmente controllabile; come non c'è uomo privo affatto d'ogni criterio morale che gli faccia distinguere il bene dal male; così non c'è uomo destituito di ogni attitudine artistica che gli faccia scorgere la differenza tra ciò che sotto il rispetto dell'arte ha valore e ciò che non ne ha, e gli freni quasi e gli guidi la lingua affinché dica le parole più espressive che sappia per manifestare altrui l'animo proprio; e gli faccia tender l'orecchio al canto di chi effonde nella voce modulata l'onda dell'anima sua, quando non apra egli stesso le labbra, poiché la sua voce, quasi per sé stessa mossa, gli trae dal petto il travaglio della sua passione; e gli faccia aprire gli occhi ad ammirare con tutta l'anima le immagini parlanti, che gli rappresenta la virtù portentosa delle arti figurative, quando non gli regga e muova la mano e il pennello o lo scalpello a suscitarne di nuove dalle tele o dal marmo. Gli stessi utensili occorrenti alla soddisfazione dei bisogni elementari del vitto e dell'incolumità personale da garantire dalla forze avverse della natura, i vestiti, le abitazioni e le armi, e tutto ciò che pare leghi e abbassi l'uomo alla natura inferiore in cui vive e di cui vive, via via s'adornano, si abbelliscono, si atteggiano docili a significare lo spirito che li investe e ne fa cose belle, la cui bellezza fa per un momento dimenticare l'utilità pur persistente. E le mute pareti s'istoriano e rappresentano all'abitatore le sue care fantasie, in cui l'animo suo spazia con gioia: graffiti e colori si mutano in aperte immagini di passioni ascose nel segreto dell'anima, la quale ama dall'esterno della stessa casa tornare a sé stessa per vivere nella sua propria intimità. Dalle forme più umili dell'arte primitiva alle più elevate e complicate dei popoli culti è un abbraccio sempre più possente che lo spirito umano dà a tutte le cose materiali che lo circondano, o di cui egli si circonda, per assimilarsele e farne espressioni dell'inesauribile vita che gli sgorga di dentro; vita di sentimento onde tutto si anima e parla e s'innalza in un mondo superiore a quello delle cose materiali e finite. Ha appena aperti gli occhi alla luce, e già nelle fasce l'uomo pur mo' nato e cercante nel duro mondo in cui gli tocca di vivere le condizioni adatte e favorevoli alla sua esistenza, e perciò proclive al pianto quando urti in un ostacolo da superare, è aiutato a vincer la lotta e quasi sollevato al di sopra di essa, là dove tutti gli ostacoli e i limiti dell'esistenza naturale sono superati nell'infinità dello spirito, dalla dolcezza del canto materno, che sa trovare le vie del cuore, molcere gli affanni, tergere le lacrime e dare la serenità, con quello stesso potere catartico che avrà sempre sull'animo dello stesso uomo fatto adulto e sempre più pensoso dei dolori del mondo ogni opera schietta d'arte che gli svelerà la sua bellezza. Si reggerà appena il fanciullino sulle sue tenere gambe, ed ecco che della nuova autonomia conquistata si gioverà per muoversi intorno a raccogliere pagliuzze e pezzetti di carta e steccolini e pietruzze per cominciare a provare la propria genialità costruttiva, e poi a impadronirsi di lapis o carboni per disegnare le sue figure, che a grado a grado si vengono conformando a quella vaga idea che gli brilla da lungi nell'animo, e si articolano e snodano e spiegano a esser qualche cosa o qualcuno, del cui interno vagheggiamento gioisce la piccola anima, specchiandovisi dentro. E poi per tutta la vita è uno sforzo incessante per riuscire con le proprie forze e con quelle degli altri, che si alleano alle sue, anzi si fondon con esse nella produzione delle cose belle, di cui l'uomo va in cerca e che, trovatele, non si stanca di contemplare e gustare, facendone suo proprio alimento e patrimonio e quasi sostanza della sua stessa anima - per riuscire a colmare tutte le lacune del mondo dell'esperienza (che è pure il mondo dell'azione) - con i fantasmi dell'arte; e quasi a introdurre in ogni poro del grave e massiccio organismo della vita reale l'aer vivificante dell'idealità che è propria di tutte le cose belle, che l'uomo non trova già esistenti, ma egli crea con divina potenza. Niente perciò più eloquente e commovente altresì, per chi rifletta e guardi con occhio pensoso, dello spettacolo che offre un vasto teatro o una grande sala musicale, dove una moltitudine d'uomini d'ogni età, sesso e condizione, tralasciata la fatica quotidiana, i pensieri e i passatempi abituali, obliate le cure personali, si raccoglie tutta in un sentimento solo: in quello che l'artista ha espresso nella tragedia, nel canto, nella sinfonia; e quella folla di anime tutte diverse sbocca, si fonde e vibra nell'alta nota appassionata del cantante o nel brivido di una corda di violino. Costoro, che hanno ciascuno la sua vita e il suo mondo, le sue idee e le sue passioni, avvertono tutti nel fondo dell'anima un comune bisogno, e non lo possono soddisfare se non svestendosi di tutte le loro particolari passioni e idee, e quasi traendo dalla guaina del mondo, in cui si svolge per ciascun d'essi la vita quotidiana, un'anima, che è in tutti identica, l'anima umana, che è quella che crea e vede le cose belle. Identica in tutti, e perciò veramente umana, e pertanto capace di ritrovare la sua unità attraverso epoche e nazioni e razze diverse, quantunque ogni opera d'arte rechi l'impronta indelebile del tempo e del luogo in cui nacque, ossia delle idee e passioni, che concorsero a formare la vita dell'anima che la produsse. Sta di fatto, evidentemente, che, di là da queste differenti forme e movenze, c'è sempre dentro, viva, nell'autonomia della sua vita, quell'anima identica per cui tutti gli uomini hanno, in fondo, una medesima umanità, che rende possibile ad essi la mutua intelligenza e la rapida associazione in ogni maniera di lavoro e di produzione. L'uomo, si può dire insomma, è naturalmente artista; e non ha bisogno di cercare fuori di sé quello che si dice arte. Da quando albeggia in lui la coscienza, per tutta la vita, in ogni condizione e maniera di vivere, egli si trova davanti, dentro la sua propria coscienza, questa luce dell'arte.

 

(G. Gentile)