GRAMSCI, chi deve pagare?
«Deve pagare il tedesco, perdio », dicono tutti i demagoghi del nazionalismo e i loro valletti al potere.
«Deve pagare il capitalismo internazionale, il solo che possa farlo», rispondiamo noi. Ed ecco le nostre ragioni.
Anzitutto è il capitalismo il responsabile. E' esso che ha fatto divampare l'incendio mondiale con la rivalità economica, con l'espansionismo coloniale e con gli eccitamenti sistematici di una nazione contro l'altra, di una razza contro l'altra, di un continente contro l'altro. E' esso il grande colpevole, l'assassino del mondo, il distruttore della prosperità economica. Lo zar, Guglielmo e Poincaré non sono stati che dei commessi malfattori del capitalismo nazionalista.
E quando dico capitalismo, mi affretto, per essere giusto, a dire che non si tratta del capitalismo normale, regolare, quale è il capitalismo industriale, il produttore delle cose utili e necessarie alla vita. Questo capitalismo non ha il gusto del suicidio; non ha nel suo programma la distruzione e la rovina. Ma è un pezzo ormai che il capitalismo industriale ha perduto ogni indipendenza. Esso è alla mercè dell'alta banca, dei predoni della finanza.
A lato del capitalismo industriale regolare e produttore (con le mani degli operai, però) esiste il capitalismo degli affari bacati, il capitalismo che specula sulla bestialità nazionalistica e che sa mirabilmente far rendere questa miniera inesauribile. Questo capitalismo sta all'origine delle imprese coloniali piú losche e dei prestiti di Stato. Esso esporta il denaro in qualsiasi luogo, purché ne possa ritrarre grandi interessi. Esso vende la sua patria alle colonie. Esso impoverisce l'industria nazionale a profitto di quella dei paesi stranieri.
Questo capitalismo di Stato compera lo Stato, il Parlamento, la stampa. Esso vuota le tasche dei combattenti. Esso vive della morte altrui. Esso si ingrassa del sangue delle sue vittime. Esso trasforma il fango delle trincee in montagne d'oro.
Esso è, per dirla in una parola, specialista nel trarre redditi dalle guerre. Esso si chiama Loucheur e Marshall, in Francia; Stinnes, in Germania; Nitti, in Italia; è legione nell'Inghilterra e negli Stati Uniti. Esso fa scorrere fiotti di champagne in onore del soldato sconosciuto. Esso denunzia, perseguita, mette in carcere e uccide tutti coloro che dubitano, tutti i disfattisti, cioè tutti gli uomini i quali non confondono la vittoria dei pescecane con gli interessi generali della nazione.
I pescecani della guerra sono al potere in Francia come in Germania, in Inghilterra come negli Stati Uniti, Ed essi hanno come loro mandatari al governo gli uomini del 1914. Sono gli incendiari che fanno la parte di pompieri. In Germania essi hanno messo i loro capitali al riparo da ogni tassazione facendo prendere loro la via dei paesi neutri: Svezia, Olanda, Svizzera.
In questo modo il popolo, stremato di forze è due volte schiavo: dei capitalisti dell'interno e di quelli dell'estero. La formula: «Il tedesco pagherà», in realtà, vuoi dire che il proletariato tedesco assassinato, rovinato, affamato, ingannato e calpestato, deve pagare al proletariato francese, che si trova in una situazione identica, i delitti dei suoi padroni, la distruzione barbara delle miniere francesi, distruzione che ricorda quella delle sorgenti petrolifere romene compiuta dagli eserciti inglesi.
Le tasche dei proletari tedeschi sono vuote. Eppure si fa credere alle folle ignoranti che dal trattato di Versailies si possono ricavare risorse vitali per gli altri paesi che sono, come la Germania, massacrati e in rovina.
No, il proletariato tedesco non potrà mai essere chiamato responsabile dei delitti compiuti dai suoi padroni. E allora? Chi pagherà? E' il capitalismo che deve porre riparo alla sua opera di devastazione. Esso ha organizzato il massacro e la rovina. Esso deve sparire dalla faccia della terra. I popoli debbono a se stessi un serio esame di coscienza. Se la guerra al capitalismo porterà loro l'emancipazione dalla causa prima e fondamentale di tutte le guerre, essi debbono combattere questa guerra. Saranno largamente indennizzati delle perdite. Avranno ucciso il loro assassino. Avranno rovinato la fonte permanente di ogni loro rovina. Ecco quale è il nostro piano per le riparazioni. E non ne esiste nessun altro.
(Antonio Gramsci, apparso su L'Ordine Nuovo, del 20 marzo 1921)