Habermas, Critica Popper

Abbiamo piú volte dato spazio alle diatribe tra i filosofi, che sono una parte importante della storia della filosofia. Fra le piú famose polemiche di questa seconda metà del secolo vi è quella che ha visto contrapposti la Scuola di Francoforte e alcuni epistemologi. In particolare ci pare interessante il confronto Habermas-Popper. Habermas, filosofo della scuola di Francoforte, vuole dimostrare che il tentativo di Popper di arrivare alla politica attraverso la metodologia scientifica non può sfuggire ai precisi problemi posti dalla storia contemporanea.

 

J. Habermas, Teoria e prassi nella società tecnologica, trad. it. di C. Donolo, Laterza, Bari, 1969, pagg. 118-120

 

Il postulato della cosiddetta avalutatività si basa sulla tesi, che seguendo Popper, può essere formulata come dualismo di fatti e decisioni. [...]

Il dualismo tra dati di fatto e decisioni impone la riduzione della conoscenza attendibile a quella delle scienze empiriche rigorose e quindi l’eliminazione delle questioni della vita pratica dall’orizzonte della scienza in generale. Però il confine tra conoscere e valutare, purificato positivisticamente, denota piú un problema che un risultato.

Una volta che il positivismo ha accolto la ragione soltanto nella sua figura particolarizzata (come una capacità di maneggiare correttamente regole logico-formali e metodologiche), non può proclamare la rilevanza del conoscere per una prassi razionale altro che con una “fede nella ragione”. E il problema non consiste “nella scelta tra sapere e credere, bensí soltanto nella scelta tra due tipi di credenza” (K. Popper, The Open Society and Its Enemies, vol. II, p. 246). Se la conoscenza scientifica è priva di ogni riferimento di senso alla prassi e viceversa ogni contenuto normativo è indipendente da cognizioni relative al contesto della vita reale – come viene presupposto non dialetticamente – si deve ammettere il dilemma: non posso costringere nessuno a basare sempre su argomenti e esperienze i suoi assunti, e con l'aiuto di tali argomenti e esperienze non posso dimostrare a nessuno che io stesso devo comportarmi cosí, “cioè, prima di tutto devo assumere una disposizione razionalistica (con una decisione) e solo allora argomenti o esperienze troveranno ascolto; ne consegue che quella disposizione stessa non può essere fondata su argomenti e esperienze” (ibid., p. 230). Questo atteggiamento razionalistico ha conseguenze per la prassi nella misura in cui esso determina l'agire morale e politico dei singoli ed infine della società nel suo complesso. Esso ci vincola in primo luogo a un comportamento corretto dal punto di vista socio-tecnico. Nella vita sociale – come nella natura – si scoprono uniformità empiriche che possono venir formulate come leggi scientifiche. Si agisce razionalmente nella misura in cui si stabiliscono norme e istituzioni sociali sulla base della conoscenza di queste leggi naturali e si prendono le misure necessarie secondo le raccomandazioni tecniche che ne derivano. Appunto la divisione problematica tra leggi naturali e norme, il dualismo tra dati di fatto e decisioni insieme all'assunto che la storia può avere un senso tanto poco quanto lo ha la natura, appare quindi come il presupposto della efficacia pratica di un razionalismo accettato con impegno e cioè del fatto che noi con la tecnica sociale realizziamo nella dimensione dei fatti storici un senso di per sé estraneo alla storia in forza di una decisione e grazie alla nostra conoscenza teorica di leggi naturali fattuali.

Il tentativo di Popper di difendere il razionalismo della logica scientifica dalle conseguenze irrazionali della sua fondazione necessariamente decisionistica, la dichiarazione di fede razionalistica di Popper in una prassi politica guidata dalla scienza deriva però dal presupposto problematico, che egli ha in comune con la “ricerca della certezza” di Dewey e il pragmatismo in genere: cioè che gli uomini possano dirigere razionalmente il loro destino quanto piú s'impiegano tecniche sociali. Il problema è di sapere se un'amministrazione razionale del mondo coincida con la soluzione delle questioni pratiche poste storicamente.

 

K. R. Popper, Logica della ricerca e società aperta, Antologia a cura di D. Antiseri, La Scuola, Brescia, 1989, pagg. 354-355