Hegel spiega perché la filosofia
non è paragonabile alle altre scienze. Nella concezione hegeliana la filosofia
non è nemmeno il fondamento della scienza (“dottrina della scienza”, come voleva
Fichte): essa è la scienza del Pensiero e, di conseguenza, del reale nella sua
intierezza; la filosofia esaurisce in sé la conoscenza di tutte le cose e,
quindi, per la conoscenza di tutta la realtà non è necessario ricorrere a
nessuna altra scienza. Naturalmente per svolgere questa sua funzione la
filosofia deve articolarsi seguendo l'articolazione del pensiero: avremo cosí
la Logica, la Filosofia della Natura e la Filosofia dello Spirito. Anche queste
“sezioni” della filosofia non devono essere però confuse con le analoghe della
tradizione: ad esempio, la nuova logica dovrà prendere le mosse da una analisi
critica della logica aristotelica.
G. W. F. Hegel, Scienza della
logica, Introduzione
Per quanto
riguarda l'inizio della filosofia, sembra che in generale anche la
filosofia cominci come le altre scienze con un presupposto soggettivo; come le
altre scienze, anche la filosofia dovrebbe necessariamente fare oggetto del
pensiero un oggetto particolare, quale ad esempio in altre scienze lo spazio, il
numero e cosí via, e nel suo caso il pensiero. Ma il libero atto del
pensiero consiste nel porsi nel punto di vista in cui il pensiero è per se
stesso e, quindi, esso stesso genera e dà a sé il suo oggetto. Inoltre,
il punto di vista che in tal modo appare come immediato, all'interno
della scienza deve necessariamente farsi risultato e, propriamente, suo
risultato ultimo, dove la filosofia raggiunge di nuovo il suo inizio e ritorna
in sé. In tal modo la filosofia mostra di essere un circolo che ritorna in se
stesso, che non ha alcun inizio nel senso delle altre scienze; l'inizio,
quindi, ha soltanto una relazione al soggetto che vuole decidersi a filosofare,
ma non alla scienza come tale; oppure, il che è lo stesso, il concetto della
scienza e, quindi, il primo concetto è e siccome è il primo contiene la
separazione per cui il pensiero è oggetto per un soggetto (per cosí dire
estrinseco) filosofante - deve necessariamente esser còlto dalla scienza
stessa. Questo è addirittura il suo unico fine, la sua unica opera e il suo
unico scopo, e cioè giungere al concetto del suo concetto e cosí al suo ritorno
e alla sua soddisfazione.
Come di una
filosofia non si può dare una rappresentazione previa generale, poiché soltanto
l'intera scienza è l'esposizione dell'idea, cosí anche la sua divisione può
essere concepita soltanto prendendo le mosse da essa e, come essa, da cui va
tratta, è qualcosa di anticipato. Ma l'idea si mostra come il pensiero
assolutamente identico a sé e, al tempo stesso, come l'attività di porsi di
fronte a sé per essere per sé, e, in questo altro, essere soltanto presso sé.
Cosí la scienza si suddivide in tre parti:
La Logica,
scienza dell'idea in sé e per sé
La
Filosofia della Natura, come scienza dell'idea nella sua alterità
La
Filosofia dello Spirito, come scienza dell'idea che ritorna in sé dalla sua
alterità
[...].
Quando
parliamo del pensiero, esso appare dapprima come un'attività soggettiva, come
una delle diverse nostre facoltà, come, per esempio, la memoria, la
rappresentazione, la volontà ecc. Se il pensiero fosse semplicemente
un'attività soggettiva, e come tale fosse oggetto della logica, questa scienza
avrebbe un suo oggetto determinato come le altre scienze. Potrebbe allora
sembrare arbitrario fare oggetto d'una scienza particolare il pensiero, e non
anche la volontà, la fantasia, ecc. Che al pensiero tocchi questo onore
potrebbe certo esser motivato dal fatto che gli si riconosce una certa autorità
e lo si considera come ciò che è il vero nell'uomo, ciò in cui risiede la sua
differenza dall'animale.
Imparare a
conoscere il pensiero anche soltanto come attività soggettiva, non è senza
interesse. Le sue determinazioni piú prossime sarebbero allora regole e leggi
di cui si acquista la conoscenza mediante l'esperienza. Il pensiero considerato
in questo rapporto secondo le sue leggi è ciò che una volta costituiva
usualmente il contenuto della logica, e Aristotele è il fondatore di questa
scienza. Aristotele ha avuto la forza di assegnare al pensiero ciò che gli
spetta come tale. Il nostro pensiero è molto concreto, ma nella varietà del suo
contenuto si deve distinguere quello che appartiene al pensiero o alla forma
astratta della sua attività. Un sottile legame spirituale, l'attività del
pensiero, collega tutti questi contenuti, e Aristotele ha enucleato e
determinato questo legame, questa forma come tale. La logica di Aristotele è
rimasta fino ad oggi il nucleo della logica, che è stato poi soltanto trattato
in modo piú esteso, specialmente dagli scolastici del Medioevo, che però non ne
hanno aumentato il materiale, ma l'hanno soltanto sviluppato. Il contributo
dell'epoca moderna alla logica consiste soltanto, da una parte,
nell'accantonare molte delle determinazioni logiche elaborate da Aristotele e
dagli scolastici, e dall'altra nell'innestarvi molto materiale di carattere
psicologico. A questa scienza interessa conoscere il pensiero finito nel suo
modo di procedere, e la scienza è esatta se corrisponde al suo oggetto
presupposto. L'occuparsi di questa logica formale ha senza dubbio una sua utilità;
come si suol dire, dirozza la mente; si impara a concentrarsi, ad astrarre,
mentre nella coscienza comune si ha a che fare con rappresentazioni sensibili
che si incrociano e confondono. Nell'astrazione il pensiero si concentra in un solo
punto, e in tal modo acquista l'abitudine a occuparsi dell'interiorità.
Prendere conoscenza delle forme del pensiero finito può essere un mezzo per
educarsi alle scienze empiriche che procedono secondo queste forme, e, in
questo senso, si è definita la logica come logica strumentale. Ora, certamente
è possibile mettersi in una prospettiva piú ampia e piú aperta, e dire che la
logica non va studiata in vista della sua utilità, ma per se stessa, giacché
ciò che è eccellente non va cercato soltanto per la sua utilità. Da una parte
questo è certamente vero, ma dall'altra va osservato che ciò che è eccellente è
anche ciò che vi è di piú utile, giacché è il sostanziale che sta saldo per sé,
e perciò è il supporto di tutti gli scopi particolari che promuove e porta a
termine. Certo non si devono mettere al primo posto questi scopi particolari,
ma è pur vero che ciò che è eccellente, li promuove.
(G. W. F. Hegel, La scienza
della logica, UTET, Torino, 1981, pagg. 144-145, 157-158)