Se ancora
la teoria della relatività non metteva in discussione il rapporto
soggetto-oggetto, nella teoria dei quanti i due elementi sono coinvolti
nell’osservazione al punto tale da mettere in crisi questa distinzione
tradizionale.
W. Heisenberg, I principi fisici della
teoria dei quanti, trad. it. di M. Ageno, Boringhieri, Torino, 1979
[rist.], pagg. 12-14
Sebbene quindi la teoria della relatività richieda il massimo alla capacità d'astrazione dei fisici, essa giunge ciò nonostante a soddisfare le esigenze assunte dalla tradizione delle scienze naturali, in quanto permette una rigorosa separazione del mondo in soggetto e oggetto, e una formulazione precisa della legge causale. Ma proprio qui risiedono le difficoltà della teoria dei quanti. Mentre nella fisica atomica una critica dettagliata dei concetti: regoli di misura, orologi eccetera, sembra in un primo tempo superflua (finché almeno si prescinde dalla teoria relativistica dei quanti), debbono invece essere fondamentalmente riesaminati il concetto di coincidenza spazio-temporale e il concetto di osservazione. In particolare, nella discussione di alcune esperienze, occorre prendere in esame quell'interazione tra oggetto e osservatore che è necessariamente congiunta a ogni osservazioni. Nelle teorie classiche, quest'interazione veniva considerata o come trascurabilmente piccola o come controllabile, in modo tale da poterne eliminare in seguito l'influenza, per mezzo di calcoli.
Nella fisica atomica, invece, tale ammissione non si può fare, poiché a causa della discontinuità degli avvenimenti atomici ogni interazione può produrre variazioni parzialmente incontrollabili e relativamente grandi.
Questa circostanza ha come conseguenza il fatto che in generale le esperienze eseguite per determinare una grandezza fisica rendono illusoria la conoscenza di altre grandezze ottenute precedentemente; esse infatti influenzano il sistema su cui si opera in modo incontrollabile, e quindi i valori delle grandezze precedentemente conosciute ne risultano alterati. Se si tratta questa perturbazione in modo quantitativo, si trova che in molti casi esiste, per la conoscenza contemporanea di diverse variabili, un limite di esattezza finito, che non può essere superato. Nella teoria della relatività, il punto di partenza per la critica dei concetti fu il postulato che non potesse esistere alcuna velocità di segnale maggiore di quella della luce. In modo analogo, si può postulare come una legge di natura tale limite di esattezza per la conoscenza contemporanea di variabili diverse, in quelle che si soglion chiamare “relazioni d’indeterminazione”, e prendere questo limite come punto di partenza per la critica dei concetti della teoria quantistica. Queste relazioni d'indeterminazione danno proprio quel grado di autonomia nei confronti del mondo concettuale classico, che è necessario per poter descrivere in modo esente da contraddizioni i processi atomici.
Novecento filosofico e scientifico, a cura di A. Negri, Marzorati, Milano, 1991,
vol. IV, pag. 805