Helvetius prende in esame la
dimensione sociale, collettiva della morale, perché la considera piú adatta per
comprenderne meglio la natura e constata che anche la collettività, come
l’individuo, considera moralmente valido solo ciò che è in sintonia con il
proprio utile.
C.-A. Helvetius, Sullo Spirito,
II, XI
Occorre però considerare non
soltanto la probità relativa ad un privato o ad una piccola società, ma la vera
probità, vale a dire la probità in rapporto alla collettività. Questa specie di
probità è la sola che realmente abbia un merito, e che ottenga generalmente
tale nome. Soltanto considerando la probità da questo punto di vista possiamo
formarci idee precise dell’onestà, e trovare una guida alla virtú.
Sotto questo aspetto si può
affermare che la collettività, al pari delle società particolari, è determinata
nei suoi giudizi unicamente dal motivo del proprio interesse; essa attribuisce
la qualifica di oneste, grandi o eroiche soltanto alle azioni che sono utili
nei propri riguardi. Ed essa concede la propria stima ad una certa azione non
già in rapporto al grado di forza, di coraggio o di generosità necessario per
eseguirla, ma in proporzione all’importanza di tale azione e al vantaggio che
ne ricava.
Gli illuministi francesi, a cura di P. Rossi, Loescher,
Torino, 1987, pag. 282