Dell'ipotesi “annichilatoria” Hobbes parla - oltre che nel passo che riportiamo - nel De corpore, VII, 1 e in un manoscritto inedito del 1643-1644, De Motu, Loco et Tempore (ms. Fonds Latin 6566 A, f. 14v, Biblioteca Nazionale di Parigi).
“Per
comprendere quel che intendo per potere conoscitivo, dobbiamo ricordare e
concedere che nella nostra mente si trovano in continuazione certe immagini o
concetti di cose a noi esterne, in modo tale che, se un uomo potesse
sopravvivere e tutto il resto del mondo venisse annientato, egli tuttavia
conserverebbe l'immagine di esso, e di tutte quelle cose che vi avesse
precedentemente visto e percepito; infatti ognuno sa per sua propria esperienza
che l'assenza o la distruzione di cose altra volta immaginate non determina
l'assenza o la distruzione dell'immaginazione stessa.
Queste
immagini e le rappresentazioni delle qualità delle cose a noi esterne sono ciò
che chiamiamo la nostra cognizione, immaginazione, idea, nozione, concetto, o
conoscenza di esse.
E la
facoltà o potere grazie al quale siamo capaci di una tale conoscenza è ciò che
io chiamo qui potere conoscitivo, o concettivo, il potere di conoscere o
concepire”
(Th.
Hobbes, Elementi di legge naturale e politica, Parte I, Cap. I, 8, La
Nuova Italia, Firenze, 1972, pagg. 10-11).