Hobbes, La materia prima

Il concetto aristotelico di “materia prima” viene ricondotto da Hobbes a quello cartesiano di res extensa. Si tratta del processo, intrapreso da Descartes e continuato anche da altri filosofi, di ridurre il numero delle sostanze.

Th. Hobbes, De corpore, II, cap. VIII

 

La materia comune di tutte le cose, che i filosofi, seguendo Aristotele, usano chiamare materia prima, non è un qualche corpo distinto dagli altri corpi; né uno di essi; che cosa è allora? un semplice nome; non usurpato invano però: infatti esso sta ad indicare che il corpo viene concepito senza considerare la forma e l’accidente, eccettuata solo la grandezza, cioè l’estensione, l’attitudine a ricevere una forma e degli accidenti; cosicché se tutte le volte che occorra fare uso di questa espressione: “un corpo preso in generale”, usiamo l’espressione materia prima lo faremo correttamente. Infatti allo stesso modo come se qualcuno non sapendo che cosa sia esistito prima se l’acqua o il ghiaccio, chieda quale sia la materia di entrambe, è costretto a supporre che sia una terza materia, che non sia nessuna di quelle due, cosí colui il quale cerca la materia di tutte le cose, deve supporne una che non sia nessuna di tutte le cose che esistono; infatti la materia prima non è altra cosa; e perciò ad essa non si suole attribuire nessuna forma e nessun accidente eccetto la quantità. Tuttavia poiché le singole cose sono fornite ciascuna di una propria forma e di certi accidenti, la materia prima è dunque un corpo universale, cioè un corpo considerato in modo universale, non nel senso che non abbia alcuna forma o nessun accidente, ma nel senso che in esso la forma e gli accidenti, esclusa la quantità, sono considerati come non esistenti, il che vuol dire, non vengono presi in considerazione.

Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, 1968, vol. XIII, pagg. 437-438