La
teorizzazione dello “stato assoluto” come strumento razionale per uscire dalla
condizione naturale di guerra permanente di tutti contro tutti assume nella
riflessione filosofica di Thomas Hobbes una valenza rivoluzionaria:
egli infatti non propone la figura di un monarca assoluto che fa derivare il
proprio potere da una investitura divina, ma quella di un potere assoluto
chiamato a governare esclusivamente dal popolo attraverso un patto fra
cittadini. Per Hobbes la sovranità appartiene al popolo: e questo è un concetto
decisamente innovativo.
Th. Hobbes, Leviatano, II, cap. XVII
L'unica
via per fondare un potere comune capace di difenderli dalle invasioni straniere
e dalla ingiurie degli uni verso gli altri e di renderli sicuri in modo che
essi con la loro industria e con i frutti della terra possano nutrirsi e vivere
in pace, è di conferire tutto il loro potere e la loro forza nelle mani di un
singolo uomo, o di un'assemblea di uomini, che riduca le loro volontà, con la
pluralità delle voci, ad un'unica volontà; il che vuol dire incaricare un uomo,
o un'assemblea di uomini, di rappresentare la loro persona, e significa che
ognuno riconosce se stesso come autore di tutto ciò che colui che li
rappresenta farà, o farà fare in quelle cose che concernono la pace e la
salvezza comune; e sottomettere in ciò le loro volontà ciascuno alla volontà di
quello e il loro giudizio al giudizio di quello. Questo è piú che un consenso,
o un accordo; è una vera unità di tutti quelli in una sola e identica persona
realizzata attraverso un patto di ognuno con ognuno in questa maniera, come se
ciascuno dicesse ad ogni altro: Io autorizzo e cedo il diritto che ho di
governare me stesso a quest'uomo, o a questa assemblea di uomini, a questa
condizione, che anche tu ceda il tuo diritto a lui e autorizzi tutte le sue
azioni allo stesso modo. Ciò fatto, la moltitudine unificatasi cosí in una
sola persona si chiama Stato, in latino Civitas.
Questa
è l'origine del grande leviatano, o meglio, per parlare con piú
riverenza, di quel dio mortale [Mortal God] al quale noi
dobbiamo, al di sotto del Dio immortale, la nostra pace e la nostra
difesa. Infatti con l'autorità concessa a lui da ogni singolo individuo nello
Stato egli possiede tanto potere e tanta forza, che gli sono stati conferiti,
che col terrore cosí ispirato è in condizione di ridurre tutte le volontà di
essi alla pace in patria e al reciproco aiuto contro i loro nemici esterni. E
in ciò consiste l'essenza dello Stato; esso è, per volerlo definire, una persona
dei cui atti una grande moltitudine, in base a dei patti reciproci, si è
considerata essa stessa l'autrice, affinché tale persona possa usare la forza e
i mezzi di tutti, nel modo che riterrà piú utile, per la loro pace e la comune
difesa.
Colui
che rappresenta questa persona è detto sovrano, e si dice che ha il potere
sovrano: tutti gli altri sono sudditi.
(Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano,
1968, vol. XIII, pagg. 473-474)