Hobbes accusa il papa di aver a
piú riprese invaso il campo del potere temporale. Questa “invasione di campo”
aveva reso particolarmente difficile preservare i diritti e la dignità della
corona inglese. Di qui la giusta reazione.
Th. Hobbes, Dialogo fra un
filosofo e uno studioso del diritto comune d’Inghilterra, IV
Il Papa, infatti, come ben
sapete, già molto tempo prima della conquista, non faceva che invadere il campo
del potere temporale. Tutto quanto era possibile far apparire in ordine ad
spiritualia, in ogni Stato veniva rivendicato e trascinato a forza sotto la
giurisdizione papale. Il Papa, per questo motivo, aveva in tutti i paesi la sua
corte ecclesiastica, e ben poche erano le cause temporali che non gli riusciva,
in un modo o nell’altro, di attrarre nella propria giurisdizione, in modo da
farle giudicare dai suoi tribunali in Roma, in Francia, o nella stessa
Inghilterra. Così le leggi del re venivano trascurate, le sentenze pronunciate
nei tribunali regi annullate, le donazioni fatte ai vescovadi, alle abbazie e
agli altri benefici, creati e dotati dal re e dalla nobiltà d’Inghilterra,
venivano conferiti dal Papa a degli stranieri, o a coloro i quali, con le
scarselle ben fornite, potevano correre a procurarseli in Roma. Ogniqualvolta
perciò sorgeva una questione in merito ad una decima o ad un testamento, il
tribunale papale se li accaparrava, sebbene si trattasse di un fatto puramente
temporale, oppure una delle parti in causa faceva appello a Roma. Contro queste
offese della Chiesa romana, ed al fine di preservare i diritti e la dignità
della corona d’Inghilterra, Edoardo III emanò una legge sui detentori di
benefici, su coloro, cioè, che ottenevano da Roma benefici in questo paese.
Egli, dunque, durante il suo venticinquesimo anno di regno ordinò, di fronte al
Parlamento riunito al completo, che i diritti di eleggere i vescovi, di
patronato e di conferimento di benefici appartenevano a lui, ed a quei membri
della nobiltà che avessero fondato appunto siffatti vescovadi, abbazie ed altri
benefici. Decretò inoltre che se uno di questi detentori abusivi di benefici
molestasse un chierico, che da lui o da uno dei suoi sudditi avesse ricevuto un
beneficio, fosse messo in prigione, e se trovato colpevole, vi giacesse fino a
che non avesse pagato un riscatto, stabilito dal re, risarcito la parte lesa,
rinunciato al proprio titolo, e dato assicurazioni che avrebbe rinunciato a
procedere legalmente per rientrarne in possesso; e che se non fosse stato in
grado di dare queste assicurazioni, i suoi avversari potessero continuare la
lite sino ad ottenerne la proscrizione e nel frattempo i redditi del beneficio
venissero devoluti al re. Durante il ventisettesimo anno di segno di Edoardo
III questa legge venne riconfermata.
Th. Hobbes, Opere politiche,
UTET, Torino, 1959, pagg. 510-511