Hollander, Alienazione e ricerca dell’utopia

Paul Hollander, docente di sociologia presso l’Università del Massachussets, è noto soprattutto per l’opera Pellegrini politici (1981), in cui documenta il fascino continuo ed inarrestabile che le esperienze storiche del socialismo hanno esercitato su generazioni di intellettuali occidentali.

In questa lettura egli afferma che alienazione e ricerca dell’utopia furono le due caratteristiche principali dei pellegrini politici i quali, se non furono la maggioranza degli intellettuali occidentali, furono comunque una minoranza molto importante.

 

P. Hollander, Political Pilgrims [Pellegrini politici, 1981]

 

Ho sostenuto che un gruppo significativo di intellettuali occidentali, ed in particolare i piú famosi tra loro, avevano manifestato, nei periodi presi in esame, segni di estraniazione politica dalla loro società e, al contempo, alcuni atteggiamenti di legittimazione di certe società autenticamente rivoluzionarie o perlomeno ritenute tali. Con tutta probabilità individui del genere formano una minoranza di quelli che possono essere definiti “intellettuali occidentali”, ma è altrettanto certo che si tratta di una minoranza importante e che si fa sentire, e che in larga misura ha contribuito a definire lo spirito del tempo e a modellare le forme proprie della critica sociale.

Un’altra obiezione alle opinioni espresse in questo libro potrebbe essere che se è vero che nel passato gli orientamenti prevalenti tra gli intellettuali occidentali erano di sinistra – e si intendono gli anni trenta e gli anni sessanta – è anche vero che dalla metà e dalla fine degli anni settanta questa caratteristica è divenuta sempre di piú non rappresentativa della comunità intellettuale fino a diventare particolarmente atipica agli inizi degli anni ottanta.

Se questo è vero, vorrà dire che uno studio del genere avrà soltanto un interesse di tipo storico.

A quel che vedo, però, mi sembra che alcuni caratteri peculiari analizzati nel contesto dei pellegrinaggi sopravvivano ancora tra gli intellettuali occidentali, nonostante le loro disillusioni nei confronti di società che in precedenza erano state idealizzate, e nonostante i cambiamenti avvenuti nel clima politico generale caratterizzato da eventi come le vittorie elettorali dei repubblicani negli Stati Uniti nel 1980 e quelle dei conservatori in Inghilterra nel 1978. Cosí, ho qualche dubbio che questo fenomeno, che costituisce il principale soggetto di questo libro, – vale a dire quell’amalgama di alienazione e di ricerca dell’utopia che è peculiare a cosí tanti intellettuali occidentali – abbia fatto il suo corso. È vero anche, però, che ci sono ora negli Stati Uniti alcuni ben definiti e influenti gruppi di intellettuali designati col termine “neo-conservatori” e ci sono in Francia i “nuovi filosofi” e in entrambi i casi si tratta di gruppi del tutto opposti negli atteggiamenti e nelle opinioni a quelle che di solito si associano ai pellegrini politici e al loro pubblico di sostenitori. È anche indiscutibile, inoltre, che i pellegrinaggi in Unione Sovietica sono ormai una cosa del passato e che l’entusiasmo per la Cina è scemato con la stessa facilità con cui si era sviluppato, anche se Cuba rimane, invece, per alcuni intellettuali occidentali un simbolo, solo un po’ offuscato, di una buona rivoluzione.

Come si entra negli anni ottanta, ad ogni modo, non c’è alcun paese al mondo che occupa il posto d’onore e di riverenza che avevano la Russia negli anni trenta, la Cina agli inizi degli anni settanta e Cuba alla fine degli anni cinquanta e primi anni sessanta. Nello stesso tempo, però, non si può tacere il fatto che su una scala piú piccola il vecchio scenario è stato rivitalizzato e ripetuto in altre parti del mondo.

 

P. Hollander, Pellegrini politici, Il Mulino, Bologna, 1988, pagg. 24-25