Horkheimer
afferma che la funzione critica dell’intellettuale non deve mai venire meno
anche per il bene degli stessi proletari, per i quali “il suo pensiero è parte
integrante del loro sviluppo”.
M. Horkheimer, Teoria tradizionale e teoria
critica
L’intellettuale che con un atteggiamento di umile venerazione si limita a proclamare la potenza creativa del proletariato, accontentandosi di adeguarglisi e di trasfigurarlo, trascura il fatto che ogni elusione dello sforzo teorico che egli si risparmia nella passività del suo pensiero, come pure di un temporaneo contrasto con le masse a cui potrebbe portarlo il suo pensiero, rende queste masse piú cieche e piú deboli di quanto potrebbero essere. In quanto elemento critico e propulsivo, il suo pensiero è parte integrante del loro sviluppo. La completa subordinazione a quella che è di volta in volta la situazione psicologica della classe, che in sé rappresenta la forza necessaria alla trasformazione, ingenera nell’intellettuale la sensazione beata di essere collegato con una potenza straordinaria, e un ottimismo professionale. Se in periodi di gravissime sconfitte questo ottimismo viene scosso, piú di un intellettuale corre il rischio di cader vittima di un pessimismo sociale o di un nichilismo tanto illimitati quanto il suo precedente ottimismo era eccessivo. Essi non sopportano il fatto che proprio il pensiero piú attuale, che coglie piú a fondo la situazione storica ed è piú ricco di prospettive future, in determinati periodi comporti l’isolamento dei suoi portatori che si ritrovano abbandonati a se stessi.
C. Bordoni e Alfredo De Paz, La critica
della società nel pensiero contemporaneo, G. D’Anna, Messina-Firenze, 19842, pag. 168