Horkheimer, Vecchi problemi, nuovi metodi di ricerca

Dopo la nomina a presidente dell’Istituto per la Ricerca Sociale di Francoforte nel 1931, Horkheimer presenta il suo programma, secondo il quale bisogna comprendere ed approfondire i rapporti che intercorrono fra economia, psicologia individuale e cultura nella società moderna. Lo spirito e la realtà non sono separati, né separabili.

 

M. Horkeimer, I compiti dell’Istituto per la ricerca sociale di Francoforte

 

Non solo all’interno della filosofia della società in senso stretto, ma anche nell’ambito della sociologia come in quello della filosofia generale, a poco a poco le discussioni sulla società si sono cristallizzate sempre piú chiaramente intorno a un problema che non ha soltanto carattere di attualità, ma è insieme la versione odierna di problemi filosofici molto antichi e importanti: al problema della connessione che sussiste tra la vita economica della società, lo sviluppo psichico degli individui e i cambiamenti che hanno luogo nelle sfere culturali in senso stretto – alle quali non appartengono solo i cosiddetti contenuti spirituali della scienza, dell’arte e della religione, ma anche il diritto, il costume, la moda, l’opinione pubblica, lo sport, le forme di divertimento, lo stile di vita, ecc. L’intento di studiare le relazioni tra questi tre ambiti non è altro che una formulazione, piú adeguata ai metodi disponibili e allo stato del nostro sapere, del vecchio problema della connessione fra esistenza particolare e ragione universale, fra realtà e idea, fra vita e spirito; solo che questo vecchio tema viene appunto collocato in una nuova costellazione di problemi.

È vero, questo argomento è solitamente oggetto di riflessioni metafisiche (si veda la Sociologia della conoscenza di Scheler), oppure si stabilisce, in proposito, qualche tesi generale piú o meno dogmatica – ossia si riprende, abitualmente, una delle teorie storicamente apparse, semplificandola, e la si usa per combattere tutte le altre. Per esempio si spiega che l’economia e lo spirito sono espressioni diverse di una sostanza identica: ed è cattivo spinozismo. Oppure si afferma che le idee, i contenuti “spirituali” irrompono nella storia e determinano l’agire umano, costituiscono il momento primario, mentre la vita materiale è secondaria, derivata; il mondo e la storia si fondano nello spirito: ed è un Hegel capito male, astrattamente. O viceversa si crede quanto segue: l’economia, ossia l’essere materiale, è l’unica vera realtà; la psiche degli uomini, la personalità come il diritto, l’arte, la filosofia, devono essere derivati interamente dall’economia, sono un semplice riflesso dell’economia; ed è un Marx inteso in modo astratto, e quindi capito male. Ora, prescindendo dal fatto che queste tesi esprimono una separazione acritica, invecchiata ed estremamente problematica dello spirito dalla realtà, che attribuiscono ingenuamente a questa separazione un carattere assoluto, e quindi non la superano dialetticamente, tali dichiarazioni si sottraggono di principio a ogni controllo, finché sono prese sul serio in questa loro astrattezza: tutte, indistintamente, riescono facilmente ad avere sempre ragione. In genere tali convinzioni dogmatiche sono risparmiate dalle particolari difficoltà scientifiche del problema già per il fatto che – consciamente o inconsciamente – presuppongono una corrispondenza costante fra i processi ideali e materiali, e sogliono trascurare o addirittura ignorare il complicato ruolo di mediazione che è svolto dagli elementi psichici.

Le cose cambiano, se il problema è formulato in questa maniera piú precisa: quali connessioni è possibile accertare – in un determinato gruppo sociale, in un periodo determinato, in determinati paesi – fra il ruolo svolto da questo gruppo nel processo economico, i cambiamenti intervenuti nella struttura psichica dei suoi membri, e i pensieri e le istituzioni che agiscono su questo stesso gruppo come totalità minore nel tutto sociale, e sono a loro volta il suo prodotto? Allora si delinea concretamente la possibilità di avviare veri lavori di ricerca – e l’Istituto deve appunto intraprenderli.

 

E. Arrigoni, “L’uomo ad una dimensione” di Marcuse, Paravia, Torino, 1990, pagg. 151-152