Hume afferma che non esiste uno
scetticismo assoluto, perché la mente umana è fatta in modo tale che le
sensazioni e l'abitudine avranno sempre il sopravvento sul ragionamento.
D. Hume, Trattato sulla natura
umana, Libro primo, Parte quarta, Sez. prima
Qualcuno forse mi domanderà se
sono veramente convinto di ciò che mi affatico tanto a dimostrare, se sono
realmente uno di quegli scettici che sostengono che tutto è incerto e che il
nostro giudizio non ha alcuna misura del vero e del falso in nessuna cosa.
Rispondo che la domanda è del tutto superflua, e che nessuno, né io né altri, è
stato mai sinceramente e costantemente di quest'opinione. Per un'assoluta e
irresistibile necessità, la natura ci porta a giudicare come a respirare e a
sentire; né possiamo trattenerci dal considerare certi oggetti sotto una luce
piú forte e piena a causa della loro abituale connessione con un'impressione
presente, di quel che possiamo impedirci di pensare finché siamo svegli o di
vedere i corpi circostanti quando volgiamo gli occhi attorno in pieno
mezzogiorno. Chiunque si è preso la pena di confutare i cavilli di questo
scetticismo totale, ha in realtà discusso senza avversari e ha cercato
di sostenere con argomentazioni una facoltà che la natura ha precedentemente
ben radicata nello spirito e resa inevitabile. La mia intenzione nell'esporre
con tanta cura gli argomenti di tale setta fantastica, è soltanto di convincere
il lettore della verità della mia dottrina: che, cioè, tutti i nostri
ragionamenti intorno alle cause e agli effetti derivano dall'abitudine, e
che la credenza è piú propriamente un atto sensitivo che un atto cogitativo
della nostra natura. Io ho provato che gli stessi princípi che ci portano a
giudicare di un oggetto e a correggere poi questo nostro giudizio con la
considerazione delle nostre inclinazioni e capacità, dello stato della mente
quando consideriamo quel soggetto: questi stessi princípi, dico, quando sono
estesi e applicati ad ogni nuovo giudizio riflesso, con la continuata diminuzione
dell'evidenza primitiva, devono da ultimo ridurre questa a niente e sovvertire
completamente tutte le nostre credenze e opinioni. Se la credenza [belief]
fosse dunque un semplice atto del pensiero, e non un modo speciale di concepire
con un aumento di forza e di vivacità, essa dovrebbe infallibilmente
distruggere se stessa e riuscire in ogni caso a una totale sospensione del
giudizio. Ma l'esperienza convincerà facilmente chiunque volesse farne la
prova, che, per quanto possa non trovare nessun errore nei precedenti
argomenti, tuttavia egli continua a credere, a pensare e ragionare come al
solito; se ne può cosí tranquillamente concludere che il suo ragionamento e la
sua credenza sono una certa sensazione, ossia una maniera speciale di concepire,
che le semplici idee e riflessioni non possono distruggere.
(Grande Antologia Filosofica,
Marzorati, Milano, 1968, vol. XIII, pagg. 888-889)