L’Introduzione al Trattato sulla natura umana si
apre con la denuncia della infinita debolezza, della cecità, della mancanza di
coerenza su cui si fondano i “sistemi dei piú eminenti filosofi”. “Contro ogni
forma di ragionamento metafisico” Hume propone “il piú deliberato scetticismo”.
La ricerca filosofica non può essere separata dalla vita: l’uomo e la natura
umana sono soggetto e oggetto dell’indagine filosofica. Hume ribalta la tradizione
umanistica: non è piú l’uomo a essere indagato con gli strumenti delle altre
scienze, non è piú l’uomo “modello” e “misura” (in senso matematico) oppure
“macchina” (regolamentata dalle leggi della fisica). È nella scienza
dell’uomo che hanno le basi e si sviluppano tutte le altre scienze (comprese
la matematica e la fisica). Il metodo avrà il suo fondamento nell’osservazione
e nell’esperimento.
D. Hume, Trattato sulla natura
umana, Introduzione
È comune agli autori che
pretendono di avere scoperto fatti nuovi nel campo della filosofia e delle
scienze vantare i propri sistemi screditando l’opera di quanti li hanno
preceduti. Se essi si contentassero di lamentare l’ignoranza in cui ancora ci
troviamo sui problemi piú importanti che si presentano all’esame della ragione
umana, pochi tra i cultori delle scienze potrebbero dare loro torto. Chi
possiede senno e sapere s’avvede infatti facilmente come siano deboli le basi
dei sistemi piú accreditati, anche di quelli che accampano maggiori pretese al
rigore e alla profondità del ragionamento. Princípi accertati ciecamente e
conseguenze mal dedotte, mancanza di coerenza nelle parti e di evidenza
nell’insieme: ecco quel che s’incontra dovunque nei sistemi dei piú eminenti
filosofi e che ha fatto cadere in discredito la stessa filosofia.
Non occorrono cognizioni molto
profonde per convincersi dello stato di imperfezione delle scienze attuali.
Anche chi se ne sta fuori della porta può giudicare dal rumore e dalle grida,
che le cose non vanno troppo bene all’interno. Non c’è niente, infatti, che non
venga messo in discussione e su cui i dòtti non abbiano opinioni contrarie. Le
questioni piú frivole non sfuggono alla controversia, e intanto non sappiamo
risolvere quelle piú importanti. Le dispute si moltiplicano come se tutto fosse
incerto, e tuttavia sono condotte con tanto accanimento come se tutto fosse
certo. Non è la ragione che porta il premio in tale trambusto, ma l’eloquenza;
basta che ognuno sappia presentarla con arte e può guadagnare proseliti
all’ipotesi piú stravagante. La vittoria non è degli uomini che maneggiano la
picca e la spada, ma dei trombettieri, tamburini e musicanti dell’esercito.
Di qui nasce per me il comune
pregiudizio contro ogni forma di ragionamento metafisico, anche tra gli
studiosi e gli estimatori di ogni altro settore della cultura. Per ragionamenti
metafisici essi non intendono quelli di un ramo particolare del sapere, ma
qualsiasi genere di argomenti che sia un po’ astruso e richieda per essere
compreso una speciale attenzione. Abbiamo tante volte perduto il tempo in tali
questioni, che adesso ci rinunciamo senz’altro: se dobbiamo sempre cadere in
errori e illusioni, che siano almeno naturali e piacevoli. Soltanto il piú
deliberato scetticismo, unito ad una grande indolenza, può infatti giustificare
quest’avversione alla metafisica. Poiché, se la verità è da ricercare nei
limiti della capacità umana, essa vi giace nondimeno nascosta cosí in fondo,
che la speranza di giungervi senza fatica, mentre i geni piú grandi non vi sono
riusciti con tutti i loro sforzi, va considerata come una prova sufficiente di
vanità presuntuosa. La filosofia che sto per presentare non ha tali pretese, e
anzi riterrei un forte argomento contro di essa se fosse troppo facile e ovvia.
[...]
Il solo mezzo per cui possiamo
sperare di ottenere un successo nelle nostre ricerche filosofiche è quello di
abbandonare il tedioso ed estenuante metodo seguito fino ad oggi; invece
d’impadronirci, di tanto in tanto, d’un castello o d’un villaggio alla
frontiera, marciamo direttamente sulla capitale, ossia al centro di queste
scienze, alla natura umana: padroni di esso, potremo sperare di ottenere
ovunque una facile vittoria. Muovendo di qui, potremo estendere la nostra
conquista a tutte le scienze piú intimamente legate con la vita umana e
procedere poi con agio a quelle che sono oggetto di pura curiosità. Non c’è
questione di qualche importanza, la cui soluzione non sia compresa nella
scienza dell’uomo, e non c’é nessuna che possa venire risolta con certezza se
prima non la padroneggiamo. Accingendoci quindi a spiegare i princípi della
natura umana, noi miriamo in realtà a un sistema completo delle scienze
costruito su un fondamento quasi del tutto nuovo e tale che soltanto su esso
possano poggiare con sicurezza.
Come la scienza dell’uomo è
l’unica base solida per le altre scienze, cosí l’unica base solida per la
scienza dell’uomo è l’esperienza e l’osservazione. Che l’applicazione del
metodo sperimentale alla ricerca morale sia avvenuta piú di un secolo dopo
l’applicazione di esso alle ricerche naturali, non deve sorprendere nessuno;
troviamo lo stesso intervallo agli inizi di queste scienze; da Talete a Socrate
corre infatti uno spazio di tempo quasi uguale a quello da Lord Bacon ai
recenti filosofi inglesi, che, cominciando a portare la scienza dell’uomo sopra
un terreno nuovo, hanno attirato l’attenzione ed eccitato la curiosità del
pubblico. Ciò dimostra che, mentre le altre nazioni possono rivaleggiare con
noi nella poesia e superarci in altre piacevoli arti, il progresso della ragione
e della filosofia non è possibile che in un paese tollerante e libero.
(Grande Antologia Filosofica,
Marzorati, Milano, 1968, vol. XIII, pagg. 843-845)