Hume, La morale nasce dal piacere e dal dolore

La questione se la natura coincida con la morale e in quale forma č da Hume risolta negativamente. Viene pertanto confermata la tesi dell’origine della morale dal piacere e dal dolore.

D. Hume, Trattato sulla natura umana, Libro terzo, Parte prima, Sez. seconda

 

Ma la natura, oltre ad opporsi a quel che č raro e straordinario, si contrappone all’artificio e in questo senso si puň discutere se le virtú intese siano naturali o no. Noi dimentichiamo facilmente che i disegni, i progetti e i punti di vista umani sono in realtŕ princípi altrettanto necessari del caldo e del freddo, dell’umido e del secco. Ma considerandoli liberi e interamente nostri, siamo soliti opporli agli altri princípi della natura. Se quindi si domanda se il senso della virtú sia naturale o artificiale, io credo di non potere dare una risposta precisa a tale questione. Forse apparirŕ in seguito che il nostro senso di alcune virtú č artificiale e quello di altre naturale. Il luogo piú appropriato per tale questione č quello in cui esaminiamo analiticamente ogni particolare vizio e virtú. Dobbiamo tuttavia osservare, intorno a questa definizione di naturale e innaturale, che niente č piú contrario alla filosofia dei sistemi che asseriscono la identitŕ del naturale con la virtú e dell’innaturale con il vizio. Nel primo senso della parola, per cui la natura si oppone ai miracoli, il vizio e la virtú sono entrambi naturali, e nel secondo senso, per cui la natura si oppone a ciň che non č usuale, si trova che la virtú č forse piú innaturale del vizio. Si dovrŕ almeno concedere che, siccome la virtú dell’eroismo non č comune, essa č tanto poco naturale quanto la piú brutale barbarie. Riguardo al terzo senso della parola, č certo che il vizio e la virtú sono egualmente artificiali e fuori della natura. Infatti, anche a discutere se la nozione di merito o demerito in certe azioni sia naturale o artificiale, č evidente che le azioni stesse sono artificiali e di compiono intenzionalmente: altrimenti non potrebbero ricevere di qualcuna di queste denominazioni. č quindi impossibile che il carattere di naturale e non naturale stia ad indicare, in qualunque senso lo si prenda, i limiti del vizio e della virtú. Siamo cosí ricondotti alla nostra prima tesi: la virtú si distingue per il piacere, il vizio per il dolore che un’azione, un sentimento, un carattere ci danno alla semplice vista e contemplazione.

Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, 1968, vol. XIII, pagg. 930-931