Le nostre sensazioni nelle
relazioni con gli altri (e le azioni sono valutabili moralmente in rapporto ad
altri uomini), non possono essere ridotte a una dimensione esclusivamente
egoistica: ciò che noi proviamo è condizionato sempre da ciò che provano gli
altri in conseguenza delle nostre azioni.
D. Hume, Trattato sulla natura
umana, Libro terzo, Parte terza, Sez. prima-terza
Per scoprire la vera origine
della morale, e quella dell’amore e dell’odio che deriva dalle qualità morali,
dobbiamo considerare nuovamente la natura e la forza della simpatia. Gli animi
degli uomini sono simili nei loro sentimenti o nelle loro operazioni, né esiste
un sentimento che si produca in una persona di cui non partecipino, in qualche
grado, tutte le altre. Come quando ci sono delle corde ugualmente tese, se una
si muove il suo moto si comunica a tutte le altre, cosí ogni sentimento che noi
possiamo provare passa facilmente da una persona a un’altra e produce nelle
creature umane i movimenti corrispondenti. Quando io scorgo nelle voci o nei
gesti di una persona gli oggetti di una passione, il mio animo trascorre
immediatamente da questi oggetti alle loro cause, e si forma una idea della
passione talmente viva che si muta subito nella passione medesima. Similmente
quando avverto le cause di qualche emozione, il mio animo è portato agli
effetti ed è preso da una grande emozione [...].
Ora noi siamo certi che la
simpatia è un principio potentissimo nella natura umana. Siamo anche certi che
essa esercita una grande influenza sul nostro senso della bellezza, sia che
riguardiamo gli oggetti esterni sia che giudichiamo della morale. Noi troviamo
che essa ha forza sufficiente per produrre i piú forti sentimenti di
approvazione quando opera da sola e senza il concorso di altri princípi, come
nei casi della giustizia, dell’obbedienza, della castità e delle buone maniere.
Possiamo osservare che tutte le circostanze richieste per le sue operazioni si
trovano nella maggior parte delle virtú, che hanno una tendenza al bene della
società o della persona che le possiede. Se si confrontano tutte queste
circostanze, non avremo dubbi che la simpatia costituisce la fonte principale
delle distinzioni morali. La giustizia è certamente approvata perché tende al
pubblico bene, e questo ci lascia indifferenti a meno che la simpatia non ci
interessi ad esso. Lo stesso possiamo presumere a proposito di tutte le altre
virtú che abbiano un’uguale tendenza al pubblico bene. Tali virtú derivano il
loro merito dalla nostra simpatia per quanti ne ottengono qualche vantaggio;
cosí le virtú che tendono al bene della persona che le possiede derivano il
loro merito dalla simpatia che nutriamo per essa.
La maggior parte degli uomini
concederà prontamente che le qualità utili dello spirito sono virtuose appunto
per la loro utilità. Questo modo di pensare è cosí naturale ed è tanto
frequente, che pochi esiteranno ad ammetterlo. Una volta concesso questo,
occorre necessariamente riconoscere la forza della simpatia. La virtú è
considerata come mezzo a un fine. Ora i mezzi rispetto a un fine sono valutati
solo quando il fine è valutato. Ma la felicità degli estranei ci colpisce
unicamente per la simpatia, ed è dunque a questo principio che dobbiamo
attribuire il sentimento di approvazione per tutte le virtú utili alla società
o alla persona che le possiede. Questo fatto costituisce la parte piú notevole
della morale.
(Grande Antologia Filosofica,
Marzorati, Milano, 1968, vol. XIII, pagg. 934-935)