Husserl, Il mondo_della_vita

Husserl utilizza l’espressione “mondo-della-vita” per indicare non solo una conoscenza del mondo di tipo pre-scientifico, ma quel tipo di conoscenza che sta a fondamento di tutti gli altri e a cui si perviene per intuizione (via pre-logica).

 

E. Husserl, Die Krisis der europäischen Wissenschaften und die transzendentale Phänomenologie, a cura di W. Biemel, Tübingen, 1952, trad. it. La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale, Il Saggiatore, Milano, 1983, pagg. 152-154

 

Il mondo della vita come tale non è forse l'universalmente noto, l'ovvietà che inerisce a qualsiasi vita umana, ciò che nella sua tipicità ci è già sempre familiare attraverso l’esperienza? I suoi orizzonti ignoti non sono forse semplicemente orizzonti d'una conoscenza semplicemente imperfetta, e cioè già noti almeno nella loro tipicità piú generale? Certo alla vita pre-scientifica questa conoscenza basta come le basta il suo modo di trasformare la non conoscenza in conoscenza e di attingere occasionalmente una conoscenza sulla base dell'esperienza e dell'induzione (di un’esperienza che continuamente viene verificata e che esclude costantemente le apparenze). Ciò basta alla prassi quotidiana. Ma se si vuole compiere un passo in avanti, per pervenire a una conoscenza “scientifica”, che cosa può essere messo in discussione se non gli scopi e le operazioni della scienza obiettiva? Ma la conoscenza scientifica non è forse, come tale, conoscenza “obiettiva” – orientata verso un substrato della conoscenza valido per chiunque in una generalità incondizionata? Eppure, paradossalmente, noi teniamo fermo alle nostre precedenti affermazioni ed esigiamo che non ci si lasci ingannare da una tradizione di secoli, dalla tradizione in cui siamo stati educati, e che non si sovrapponga il concetto tradizionale di scienza in generale.

Il titolo “mondo-della-vita” rende possibile e probabilmente esige tutta una serie di compiti scientifici diversi anche se, per essenza, reciprocamente connessi; e probabilmente appunto un'autentica e piena scientificità esige che questi compiti vengano trattati tutti insieme anche se secondo l'ordine essenziale della loro fondazione, e che non si proceda a trattarne scientificamente uno solo, per es. quello logico-obiettivo, trascurando completamente gli altri. Perciò non si è mai indagato scientificamente il modo in cui il mondo-della-vita funge da fondamento, il modo in cui sono fondate le sue molteplici validità pre-logiche rispetto alle verità logiche teoretiche. E probabilmente la scientificità, richiesta dal mondo-della-vita come tale e nella sua universalità, è una scientificità peculiare, non di ordine logico-obiettivo, una scientificità che, per essere definitivamente fondante, è la piú alta nella scala dei valori. Ma come realizzare questa diversa scientificità, a cui finora s'è sempre sovrapposta quella obiettività? L'idea di verità obiettiva, nel suo stesso senso, è sempre stata determinata dal contrasto con l'idea di verità propria della vita pre- ed extra-scientifica. Quest'ultima ha una fonte ultima e profonda di verificazione nell'esperienza “pura” intesa nel senso che abbiamo indicato sopra, in tutti i modi della percezione, del ricordo ecc. Ma questi termini devono essere intesi veramente nel senso in cui sono usati nella vita pre-scientifica, non devono cioè subire interpretazioni psico-fisiche ecc. derivanti dalla scienza obiettiva. Per anticipare un punto importante: occorre innanzitutto evitare di ricorrere ai “dati della sensibilità”, che si suppongono immediati come se essi fossero effettivamente ciò che caratterizza immediatamente le datità puramente intuitive del mondo-della-vita. Il primun reale è l'intuizione “meramente soggettivo-relativa” della vita pre-scientifica nel mondo. Certo, per noi, il “meramente” ha una sfumatura di spregio che esprime la diffidenza tradizionale della dóxa. Ma nella vita pre-scientifica stessa questa sfumatura scompare; qui il “meramente” sta a indicare una sicura verificazione, un complesso di conoscenze predicative controllate e di verità precisamente definite secondo le esigenze imposte dai progetti pratici della vita, i quali ne determinano il senso. Lo spregio con cui tutto ciò che è “meramente soggettivo-relativo” viene trattato dagli scienziati moderni al servizio di un ideale di obiettività non cambia assolutamente nulla al suo modo d'essere, come del resto non cambia nulla il fatto che agli scienziati stessi questo elemento deve essere di comodo, visto che vi ricorrono tanto spesso e inevitabilmente.

 

Novecento filosofico e scientifico, a cura di A. Negri, Marzorati, Milano, 1991, vol. II, pagg. 216-217