La forza della democrazia, liberata dalla revisione e dal superamento degli schemi tradizionali dell’analisi marxista, costituisce l’ispirazione di un discorso politico sulla modernità che vede Habemas protagonista di una seria alternativa alla tendenza del Capitalismo di allontanare i cittadini dalla politica. Se la tecnologia , frutto della ricerca avanzata “spoliticizza” l’individuo, mentre lo stato moderno impone le sue “esigenze sistemiche” sopra i mondi vitali degli uomini, occorre pensare a nuove prassi interpersonali che scuotano il cittadino dalla passività e lo rendano attore di un “agire comunicativo”, in cui i singoli si sentano “partecipanti ad un discorso pratico”.
La modernità prende quindi le mosse da una ragione universale che rende possibile la comprensione fra mondi vitali, ossia fra idee, discorsi e contenuti che ruotano attorno a individui o a gruppi di individui. Nella volontà di comunicare universalmente sta l’ideale etico della politica in cui confida Habermas anche quando, superati i conflitti sociali dovuti alla distribuzione della ricchezza, si aprono quelli relativi alla “grammatica delle forme di vita”, cioè i nuovi conflitti riguardanti le qualità della vita: l’ambiente, la salute, le culture e la partecipazione sociale.
“Nella sfera pubblica strutturalmente spoliticizzata il fabbisogno di legittimazione si riduce a due bisogni residui. Il privatismo del cittadino, ossia l’astinenza politica combinata con un orientamento teso alla carriera, al tempo libero e al consumo, favorisce l’aspettativa di adeguate compensazioni conformi al sistema ( sotto forma di denaro, tempo libero e sicurezza). Di ciò tiene conto una programmatica sostitutiva ispirata ai principi dello statalismo assistenziale che accoglie in sé anche elementi di una ideologia della prestazione trasferita sul piano educativo.”
(La crisi della razionalità nel capitalismo maturo, pp. 41-42)