HEGEL, DESCRIZIONE DELLE ALPI

 

Non vi si incontrano più abeti, ma solo cespugli deformi, muschi, un terreno rivestito di un'erba miserevole o addirittura spoglio, pochi tronchi di larici e di cembri, nei dintorni crescono molte genziane. Le radici di queste piante vengono raccolte da una famiglia per distillarne liquore. Questa famiglia trascorre qui l'estate in completo isolamento dagli uomini ed ha costruito la propria distilleria sotto blocchi turriformi di granito, che la natura ha gettato senza scopo l'uno sull'altro, ma la cui posizione casuale gli uomini hanno saputo sfruttare. Dubito che il teologo più credulo oserebbe qui, su questi monti in genere, attribuire alla natura stessa di proporsi lo scopo dell'utilità per l'uomo, che invece deve rubarle quel poco, quella miseria che può utilizzare, che non è mai sicuro di non essere schiacciato da pietre o da valanghe durante i suoi miseri furti, mentre sottrae una manciata d'erba, o di non avere distrutta in una notte la faticosa opera delle sue mani, la sua povera capanna e la stalla delle mucche.

 

(Hegel, Diario di viaggio sulle Alpi bernesi)