Heidegger qui rileva come il problema dell'essere paia a tutta prima del tutto ovvio: ma non appena ci interroghiamo seriamente su di esso, l'ovvietà iniziale viene a cadere.
Quello di essere è un concetto ovvio. In ogni conoscere, in ogni asserzione, in ogni comportamento [che ci pone in rapporto] con l’ente, in ogni comportamento che ci pone in rapporto con noi stessi si fa uso di "essere", e l’espressione è "senz’altro comprensibile". Tutti comprendono cosa significhi: "Il cielo è azzurro", "Sono contento", e così via. Ma questa comprensione media non dimostra che un’incomprensione. Essa sta a denunciare che in ogni comportamento e in ogni modo di essere che ci ponga in relazione con l’ente in quanto ente si nasconde a priori un enigma. Il fatto che già sempre viviamo in una comprensione dell’essere e che, nel contempo, il senso dell’essere continua a restare avvolto nell’oscurità, attesta la necessità fondamentale di una ripetizione del problema del senso dell’"essere".
(Heidegger, Essere e tempo)