Dopo aver considerato la responsabilità in
senso concreto e astratto, Jonas la riconduce ai tre concetti di totalità,
continuità e futuro e all’archetipo di ogni responsabilità: quella dell’uomo
per l’uomo, il quale si deve intendere come un valore unilaterale, che però non
rifiuta la reciprocità.
H. Jonas, Il principio responsabilità
L’elemento comune può essere sintetizzato nei tre concetti di “totalità”, “continuità” e “futuro”, riferiti all’esistenza e alla felicità degli esseri umani. Assumono anzitutto come dato fondamentale il polo di riferimento “essere umano”. Esso presenta la precarietà, la vulnerabilità, la revocabilità – modalità particolarissima della transitorietà – proprie di ogni essere vivente, che ne fanno oggetto esclusivo di cura (Obhut); ma oltre a ciò la comunanza dell’humanum con la sfera della responsabilità, che ha su quello la pretesa piú originaria, anche se forse non l’unica. Ogni essere vivente è fine a se stesso e non ha bisogno di una giustificazione ulteriore: sotto questo aspetto l’uomo non è in nulla superiore agli altri esseri viventi, eccetto che per poter essere soltanto lui il responsabile anche per loro, ossia per la salvaguardia del loro essere fini a se stessi. Ma nella compartecipazione al destino umano i fini dei suoi simili, sia che egli li condivida oppure si limiti a riconoscerli negli altri, e il fine in sé della loro stessa esistenza, possono in maniera unica confluire nel suo proprio fine: l'archetipo di ogni responsabilità è quello dell’uomo per l’uomo. Questo primato della parentela soggetto-oggetto nel rapporto di responsabilità è insito inconfutabilmente nella natura della cosa. Esso significa tra l’altro che il rapporto, pur essendo unilaterale in se stesso e in ogni caso singolo, è tuttavia reversibile e include una potenziale reciprocità. Anzi, genericamente la reciprocità è sempre presente, in quanto io, responsabile di qualcuno, vivendo fra esseri umani sono sempre anche oggetto della responsabilità di qualcun altro. Questo deriva dalla non-autarchia dell’uomo: ciascuno ha sperimentato anzitutto su se stesso la responsabilità originaria delle cure parentali. In questo paradigma fondamentale diventa chiaro nel modo piú convincente l’intreccio della responsabilità con tutto ciò che è animato. Soltanto ciò che è vivente, nella sua costitutiva indigenza e vulnerabilità, può essere oggetto di responsabilità; questa è però soltanto la condizione necessaria e non sufficiente. Ciò che contrassegna l’uomo, e cioè che soltanto lui può avere una responsabilità, significa contemporaneamente che egli la deve avere anche per i suoi simili, essi stessi soggetti potenziali di responsabilità, e che, in un modo o nell’altro, già la possiede: la capacità di averla è la condizione sufficiente della sua attualizzazione.
H. Jonas, Il principio responsabilità,
Einaudi, Torino, 1990, pagg. 124-125