Il Sè rappresenta – secondo Jung – l’unità e la totalità
della personalità nella sua parte conscia e in quella inconscia. La
realizzazione del Sè costituisce la meta ideale della terapia junghiana, che
segue il difficile cammino del paziente verso la propria autorealizzazione.
C. G. Jung, Tipi psicologici
In quanto concetto empirico denomino il Sé come il volume
complessivo di tutti i fenomeni psichici nell’uomo. Esso rappresenta l’unità e
la totalità della personalità considerata nel suo insieme. In quanto però
quest’ultima, a causa della sua componente inconscia, può essere conscia solo
in parte, il concetto del Sé è, propriamente parlando, potenzialmente empirico
e quindi è, allo stesso titolo, un postulato. In altri termini, esso
abbraccia ciò che è oggetto d’esperienza e ciò che non lo è, ossia ciò che
ancora non è rientrato nell’ambito dell’esperienza. Esso ha queste qualità in
comune con moltissimi concetti peculiari delle scienze naturali i quali sono
piuttosto semplici “nomi” che non idee. Poiché la totalità che consta di
contenuti sia coscienti che inconsci, è un postulato, il suo concetto è trascendente;
per ragioni empiriche infatti essa presuppone l’esistenza di fattori inconsci,
e caratterizza con ciò un’entità che solo in parte può venire descritta, ma che
per quel che riguarda l’altra parte rimane pro tempore inconoscibile e
non delimitabile. Poiché in pratica esistono fenomeni della coscienza e
dell’inconscio, il Sé, in quanto totalità psichica, possiede tanto un aspetto
cosciente quanto un aspetto inconscio. Empiricamente il Sé appare nei sogni,
nei miti e nelle favole in una immagine di “personalità di grado superiore”,
come re, eroe, profeta, salvatore ecc.; oppure di un simbolo della totalità,
come il cerchio, il quadrato, la quadratura del circolo, la croce ecc.
Rappresentando una complexio oppositorum una sintesi degli opposti, esso
può apparire anche come diade unificata, quale è per esempio il Tao, fusione
della forza yang e della forza yin, come coppia di fratelli
oppure sotto l’aspetto dell’eroe e del suo antagonista (drago, fratello nemico,
nemico mortale, Faust e Mefistofele ecc.). Ciò vuol dire che sul terreno
empirico il Sé appare come un giuoco di luce e di ombra, quantunque
concettualmente esso venga inteso come un tutto organico e quindi come un’unità
nella quale gli opposti trovano la loro sintesi. Poiché un concetto del genere
si sottrae a ogni rappresentazione – tertium non datur: esso è anche,
per questa stessa ragione, trascendente. Da un punto di vista logico, esso
sarebbe anzi una speculazione oziosa, qualora non stesse a designare e a
denominare i simboli unitari che ricorrono sul piano empirico. Il Sé non è
un’idea filosofica, giacché non contiene l’affermazione di una sua propria
esistenza, cioè non si ipostatizza. Da un punto di vista intellettuale esso
possiede solo il valore di una ipotesi. Per contro, i suoi simboli empirici
possiedono assai spesso una notevole numinosità (per esempio il
mandala), vale a dire un originario valore affettivo (per esempio Dens est
circulus.., la tetrade pitagorica, la quaternità ecc.) rivelandosi in tal
modo una rappresentazione archetipica che si differenzia da altre
rappresentazioni di tal genere in quanto occupa una posizione centrale in modo
conforme all’importanza del suo contenuto e della sua numinosità.
C. G. Jung, Tipi psicologici,
Boringhieri, Torino, 1968, pagg. 467-468