JASPERS, ESISTENZA, TRASCENDENZA, MORTE
La trascendenza non è esistenza. L'esistenza infatti sussiste solo in quanto c'è comunicazione; la trascendenza invece è se stessa senza bisogno d'altro. Ciò che nell'esserci è male rispetto all'esistenza, e cioè il suo voler essere se stesso nell'isolamento individuale, è invece ciò che si addice ad un essere che sia ciò che è senza riferimento a nulla. Limitatezza e condizionatezza che ineriscono all'esistenza nel suo esserci, non possono esser proprie della trascendenza. L'identificazione di esistenza e trascendenza è impossibile; !'esistenza si afferra come contrapposta al divino e quindi non come identica a lui.
[...] Ma se l'essere della trascendenza deve farsi presente in qualche modo all'esistenza e non può farlo in quanto tale - perché non esiste identità alcuna fra esistenza e trascendenza - lo farà in quanto cifra e quindi non mai come oggetto, ma in certo modo trasversalmente ad ogni oggettività. La trascendenza immanente è... trascendenza fattasi linguaggio come cifra.
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La morte può aver profondità solo se nessuna fuga ci spinge verso di lei e non può quindi essere voluta nella sua immediatezza ed esteriormente. La profondità significa che il suo carattere di estraneità assoluta è caduto, e che io posso andarle incontro come al mio fondamento, come a ciò in cui troverò compimento se pur di genere incomprensibile. La morte era meno della vita ed esigeva coraggio. Essa è in realtà piú della vita e dona sicurezza e protezione.
(k. Jaspers, Filosofia)