Il “sentimento del piacere e del
dispiacere” completa - accanto alla facoltà di conoscere e a quella di
desiderare - le attività dell’animo umano: anche l’immaginazione trova cosí posto
all’interno di un sistema filosofico.
I. Kant, Critica del giudizio,
libro I, sez. I, par. 1
Per dimostrare se una cosa è
bella o no, noi non riferiamo le rappresentazioni all’oggetto mediante
l’intelletto, in vista della conoscenza; ma, mediante l’immaginazione (forse
congiunta con l’intelletto), la riferiamo al soggetto e al sentimento di
piacere e dispiacere di questo. Il giudizio di gusto non è dunque un giudizio
di conoscenza, cioè logico, ma estetico. Il che significa che il suo fondamento
non può essere se non puramente soggettivo [...]. Il rappresentarsi con la
facoltà conoscitiva (in una rappresentazione chiara o confusa) un edificio
regolare e appropriato al suo scopo, è una cosa del tutto diversa dall’essere
cosciente di questa rappresentazione con il sentimento del piacere. In
quest’ultimo caso la rappresentazione è riferita esclusivamente al soggetto, e,
veramente, sotto il nome di piacere o dispiacere, al sentimento che quello ha
della vita; la qual cosa dà luogo a una facoltà interamente distinta di
discernere e di giudicare, che non porta alcun contributo alla conoscenza, ma
pone soltanto in rapporto, nel soggetto, la rappresentazione data con la
facoltà rappresentativa nella sua totalità; di che l’anima ha coscienza nel
sentimento del proprio stato. [...]
Se [le rappresentazioni] vengono
riferite in un giudizio unicamente al soggetto (al suo sentimento), il giudizio
resterà sempre estetico.
(I. Kant, La concezione del
bello e dell’arte, Paravia, Torino, 1975, pag. 41)