La costruzione di un sistema
filosofico potrebbe costituirsi semplicemente di due parti (la teoretica e la
pratica), ma ciò - quando esse hanno le caratteristiche della filosofia critica
e rifuggono pertanto il dogmatismo e l'arbitrio è non è sufficiente a fondare
una visione unitaria di tutta la realtà: a questo scopo può rispondere, secondo
Kant, la soggettività della ragione che si esprime nel giudizio riflettente.
I. Kant, Critica del giudizio,
Prima introduzione, parr. I e II
La ripartizione del sistema può
inizialmente consistere nelle sue parti, formale e materiale, delle quali la
prima (che è logica) comprende soltanto la forma del pensiero in un sistema di
regole, la seconda (parte reale) prende sistematicamente in
considerazione gli oggetti di cui si pensa in quanto è possibile una conoscenza
razionale di essi da concetti.
Questo sistema reale della
filosofia stessa non si può altrimenti dividere che in filosofia teoretica e
pratica, secondo la distinzione originaria dei suoi oggetti e l'essenziale
diversità, che ne deriva, dei princípi di una scienza, cosicché una parte deve
essere la filosofia della natura, l'altra quella dei costumi, e la prima può
contenere anche princípi empirici, la seconda invece (dato che la libertà
assolutamente non può essere oggetto di esperienza) non altro che princípi puri
a priori.
[...]
La critica della pura ragione
teoretica, che fu dedicata alle fonti di tutte le conoscenze a priori (compreso
anche ciò che in essa appartiene alla intuizione), propose le leggi della
natura, la critica della ragion pratica [propose] la legge della libertà; e
cosí i princípi a priori sembrano già essere compiutamente svolti per tutta
quanta la filosofia.
[...]
Il potere di giudicare (solo a
proprio beneficio) presume e presuppone una finalità formale della natura, che
noi assumiamo assolutamente in essa, ma per mezzo della quale non sono fondati
né una conoscenza teoretica della natura, né un principio pratico della
libertà; tuttavia è dato un principio per la valutazione e indagine della
natura, per cercare le leggi generali per esperienze particolari, secondo il
quale noi le dobbiamo costituire per produrre quella connessione sistematica,
che è necessaria per una esperienza coerente, e che noi dobbiamo assumere a
priori come causa prima.
Il concetto che scaturisce
originariamente dal potere di giudicare [...] non fonda nessuna teoria, e tanto
meno, come la Logica, contiene conoscenze degli oggetti e della loro struttura,
ma solo dà un principio per procedere verso leggi di esperienza, mediante le
quali è possibile l'indagine della natura. Con questo però non viene arricchita
la conoscenza della natura di alcuna particolare legge oggettiva, ma solo
fondata una massima per il potere di giudicare, allo scopo di considerarla su
questa base e tenere cosí connesse le forme della natura [giudizio
riflettente].
(Grande Antologia Filosofica,
Marzorati, Milano, 1971, vol. XVII, pagg. 316, 318-319, 320-321)