Se ogni valore fosse condizionato
dal soggetto non esisterebbe nessun principio pratico veramente oggettivo, un
imperativo universale e quindi
categorico. Questo principio invece per Kant esiste ed è “la natura razionale
come fine a se stessa”. Ogni natura razionale, nessuna esclusa (e quindi
l’umanità intera), è il fine morale di ogni uomo.
I. Kant, Fondamento della
metafisica dei costumi, sezione II
Se dunque ci deve essere un
principio pratico supremo, e in relazione alla volontà umana un imperativo
categorico, esso deve esser tale, da ricavare un principio oggettivo del volere
della rappresentazione di ciò che è necessariamente fine per ognuno, perché
egli è fine in se stesso, e cosí valere come legge pratica universale. Il
fondamento di questo principio è: la natura razionale esiste come fine in se
stesso. Cosí l’uomo si rappresenta necessariamente la sua propria esistenza; e
in tanto egli è dunque un principio soggettivo di azioni umane. Ma cosí anche ogni
altra essenza razionale si rappresenta la sua esistenza sulla base del medesimo
fondamento di ragione, che vale anche per me; pertanto esso è del pari un
principio oggettivo, dal quale come da supremo fondamento pratico devono essere
dedotte tutte le leggi della volontà. L’imperativo pratico deve dunque essere
il seguente: agisci in modo, da non usare mai l’umanità sol come mezzo, ma pur
sempre come fine tanto nella tua persona quanto nella persona di ogni altro.
Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, 1971, vol.
XVII, pag. 312