La Logica - nella sua forma
“generale”, quale è data, ad esempio, nell’Organon di Aristotele - non può presumere di essere
criterio “positivo” di verità (di dettare, cioè, le regole per giungere a una
conoscenza certa degli oggetti); essa può studiare soltanto i presupposti e le
condizioni (cioè le regole dell’intelletto) che rendono possibile una vera
conoscenza. Kant chiama “Analitica” la parte della Logica che appunto
“analizza” queste condizioni. La Logica - che quindi è soltanto un “Canone”, un
regolamento per formulare giudizi formalmente corretti - in passato è stata
usata addirittura come “strumento” per costruire “tesi oggettive”, cioè per
giudicare dei “contenuti” (oggetti) della conoscenza: questo, secondo Kant, è
un uso scorretto, ma anch’esso dovrà essere sottoposto all’esame critico della
ragione, attraverso lo studio della “Dialettica”.
I. Kant, Critica della ragion
pura, Parte II, Introduzione
La vecchia
e famosa questione, con cui si pensava di mettere alle strette i logici e di
spingerli al punto, che essi dovessero lasciarsi cogliere in un circolo vizioso
o confessare la loro ignoranza, dunque la vanità di tutta la loro arte, è
questa: che cosa è la verità? La definizione nominale della verità, che cioè
essa è la conformità della conoscenza con il suo oggetto, è qui concessa e
presupposta; ma si desidera sapere quale sia il criterio universale e certo
della verità di ciascuna conoscenza.
Se la
verità consiste nella conformità della conoscenza con il suo oggetto, e mediante
ciò deve questo oggetto venir distinto da altri, allora una conoscenza è falsa
quando essa non è conforme all’oggetto a cui viene riferita, nonostante che
essa contenga alcunché che potrebbe ben valere di altri oggetti. Ora, un
criterio della verità sarebbe quello che fosse valido per tutte le conoscenze,
senza distinzioni dei loro oggetti. È chiaro però che, siccome in esse si
astrae dal contenuto della conoscenza (relazione al suo oggetto), e la verità
riguarda direttamente questo contenuto, è del tutto impossibile e inopportuno
cercare un segno della verità di questo contenuto delle conoscenze, e
impossibile pure che possa venir dato indice conoscitivo sufficiente e pur
tuttavia universale della verità. Siccome noi abbiamo già piú sopra denominato
il contenuto di una conoscenza “la materia di essa”, si dovrà dire: della
verità della conoscenza della materia non si può cercare nessun indice generale
di conoscenza, perché esso è in se stesso contraddittorio.
Ma per
quanto riguarda la conoscenza secondo la pura forma (con eccezione di ogni
contenuto), è ugualmente chiaro: che una logica, in quanto essa espone
immediatamente le regole universali e necessarie dell’intelletto, anche in
queste regole deve esporre criteri della verità. Infatti ciò che a esse contraria
è falso, perché in questo l’intelletto viene a contrasto con le regole generali
del pensiero, dunque con se stesso. Ma questi criteri riguardano solo la forma
della verità, cioè del pensiero in generale, e fino a quel punto sono
interamente giustificati, ma non sufficienti. Perché, sebbene una conoscenza
può essere interamente conforme alla forma logica, cioè non contraddire a se
stessa, essa può pur sempre entrare in contraddizione all’oggetto. Sicché il
criterio puramente logico della verità, cioè la conformità di una conoscenza
con le leggi universali e formali dell’intelletto, e della ragione, è proprio
la conditio sine qua non, ma con ciò la condizione negativa di ogni
verità. Piú oltre, però, la logica non può procedere, né ha alcuna pietra di
paragone per scoprire l’errore che riguardi, non la forma, ma il contenuto.
La logica
generale risolve pertanto l’intero compito formale dell’intelletto e della
ragione nei suoi elementi, e li espone come princípi di ogni valutazione logica
della nostra conoscenza. Questa parte della logica si può intitolare perciò
Analitica, ed è appunto la pietra di paragone almeno negativa della verità, in
quanto per forza di cose ogni conoscenza si deve provare a valutare secondo
quelle regole; prima di indagarla secondo il suo contenuto, per venir a sapere
se essa contenga verità positiva in rapporto all’oggetto. Ma poiché la pura
forma della conoscenza, per quanto essa possa ben convenire con le leggi della
logica, non è ancora sufficiente a ricavarne verità materiale (oggettiva) per
la conoscenza, cosí nessuno si può arrischiare con la sola logica a giudicare e
sostenere alcunché di oggetti, senza aver prima introdotto fondata informazione
di essi all’infuori della logica, per cercare con questo semplicemente la loro
utilizzazione e il loro collegamento in un tutto coerente secondo leggi
logiche, anzi ancor meglio, per metterli decisamente alla prova di queste.
Parimenti, nel passato di un’arte cosí vistosa come quella di dare a tutte le
nostre conoscenze la forma dell’intelletto, per quanto essa possa riuscire
ancora assai vuota e povera in proporzione del suo contenuto, vi è qualcosa di
cosí seducente, che ogni logica generale, che è puramente un Canone per
giudicare, è stata ad un tempo usata come un Organon per la reale
presentazione o almeno per l’elaborazione di tesi oggettive, ed in questo, di
fatto, è stata perciò male usata.
La logica
generale, come supposto Organon, prende il nome di Dialettica.
(Grande Antologia Filosofica,
Marzorati, Milano, 1971, vol. XVII, pagg. 218-220)