Una volta individuati i
meccanismi della sensazione, Kant pone il problema del rapporto fra sensibilità
e intelletto. La soluzione del problema, cioè la possibilità stessa della
conoscenza, si ha soltanto con l'unione di entrambe le facoltà.
I. Kant, Critica della ragion
pura, Parte II, Introduzione
La nostra
conoscenza scaturisce da due fonti fondamentali dell'animo, la prima delle
quali è nel ricevere le rappresentazioni (la recettività delle impressioni), la
seconda è la facoltà di conoscere un oggetto mediante quelle rappresentazioni
(la spontaneità dei concetti). Mediante la prima ci è dato un oggetto; mediante
la seconda questo viene pensato in relazione a quella rappresentazione (come
semplice determinazione dell'animo). Intuizioni e concetti costituiscono dunque
gli elementi di ogni nostra conoscenza, cosicché né concetti senza intuizione
ad essi in qualche maniera corrispondente, né intuizioni senza concetti
potrebbero dare alcuna conoscenza. Gli uni e le altre sono o puri o empirici.
Empirici, quando vi è contenuta sensazione (che presuppone la presenza
effettiva dell'oggetto); puri invece quando alla rappresentazione non è
mescolata alcuna sensazione. Quest'ultima si può chiamare la materia della
conoscenza sensibile. Perciò la pura intuizione contiene esclusivamente la
forma, in cui alcunché vien intuito, e il concetto puro soltanto la forma del
pensiero di un oggetto in generale. Soltanto intuizioni pure o concetti puri
sono possibili a priori, e gli empirici, soltanto a posteriori.
Se noi
vogliamo denominare sensibilità la recettività dell'animo nostro nel ricevere
rappresentazioni, in quanto viene in qualche maniera impressionato,
l'intelletto è invece la facoltà di produrre da sé rappresentazioni, è cioè la
spontaneità della conoscenza. La nostra natura porta con sé che l'intuizione
non può mai essere che sensibile, cioè contiene soltanto la maniera in cui noi
possiamo essere impressionati dagli oggetti. Invece l'intelletto è la facoltà
di pensare l'oggetto dell'intuizione sensibile. Nessuna di queste proprietà è
da preporre all'altra. Senza sensibilità non ci verrebbe dato nessun oggetto, e
senza intelletto nessuno ne verrebbe pensato. I pensieri senza contenuto sono
vuoti, le intuizioni senza concetti sono cieche. Perciò è altrettanto
necessario dare un significato sensibile ai propri concetti (cioè unire loro
l'oggetto dato nell'intuizione), quanto rendere a sé intelligibili le proprie
intuizioni (cioè, sottoporle a concetti). Entrambe le facoltà o capacità non possono
poi scambiare le loro funzioni. L'intelletto non può intuire nulla, e i sensi
non possono pensare nulla. Soltanto dal fatto che essi si uniscono può
scaturire conoscenza. Perciò non si può neppure fondere la loro partecipazione,
anzi vi è fondata ragione di separare accuratamente l'una cosa dall'altra.
Perciò distinguiamo nettamente la scienza delle regole della sensibilità in
generale, cioè l'Estetica, dalla scienza delle regole dell'intelletto in
generale, cioè la Logica.
(Grande Antologia Filosofica,
Marzorati, Milano, 1971, vol. XVII, pagg. 216-217)