La tesi di Copernico mostra la
meravigliosa armonia dell'Universo e la sua semplicità, liberandolo
“dall'oneroso e inutile apparato di tante numerose sfere”. Se si afferma che
questa tesi è errata, ma che i risultati ottenuti sono conformi al vero, ne
deriva una teoria che si abbandona all'arbitrio e contraddice tutte le regole
della natura e del ragionamento.
J. Kepler, Prodromus
dissertationum cosmographicarum, continens mysterium cosmographicum
È cosa pia
considerare subito, all'inizio di questa disputa sulla natura, se vengano dette
cose contrarie alla Sacra Scrittura. Considero tuttavia intempestivo
iniziare qui questa controversia, anzi tempo e affrettatamente. Questo, in
genere, prometto: che non dirò nulla che sia contrario alla Sacra Scrittura.
Questo fu sempre il mio atteggiamento, da quando cominciai a conoscere il libro
di Copernico.
A questo
proposito, non avendo nessun motivo religioso che mi impedisse di ascoltare
Copernico allorché diceva cose giuste, la perfetta concordanza dei fenomeni
celesti con le opinioni copernicane, suscitò in me un'immediata fiducia.
Copernico infatti non solo riusciva a dimostrare i moti trascorsi che
risalivano alla lontana antichità, ma anche quelli futuri, se non in modo
certissimo, almeno in maniera piú sicura di quanto facessero Tolomeo e altri. E
ancora di piú egli solo riuscí in questo: a dar ragione in modo perfetto di
quei fenomeni che gli altri ci avevano insegnato a riguardare con stupore,
togliendo cosí ogni motivo di meraviglia che sta sempre nell'ignoranza delle
cause. Ma il modo piú facile per fare apprendere ciò al lettore è quello di
farmi persuasore affinché egli legga la Narratio di Rheticus, poiché non
tutti possono avere l'opportunità di leggere l'opera di Copernico.
In questo
scritto non ho mai potuto essere d'accordo con coloro che si appellano
all'esempio di una dimostrazione “accidentale” che con necessità sillogistica
conclude qualcosa di vero pur muovendo da false premesse. Essi infatti,
basandosi su questo esempio, pretendevano che potesse succedere che fossero
false le ipotesi di Copernico e che, malgrado ciò, conseguissero da esse
fenomeni veri come se procedessero da princípi esatti.
Ma un tale
esempio non quadra. Infatti una tale conclusione tratta da false premesse è
accidentale e un'asserzione che proviene dal falso, non appena la si applica ad
una cosa diversa, si rivela per quello che è. A meno che non si voglia
concedere a chi argomenta il permesso di assumere infinite altre proposizioni false
senza dover rispettare mai alcuna coerenza sia nel progresso
dell'argomentazione, sia nel riepilogo di essa. Altrimenti invece stanno le
cose per colui che pone il Sole nel centro. Prova a chiedergli infatti di
dimostrare, sulla base di quella ipotesi, una qualunque delle cose che
veramente appaiono nei cieli, prova a chiedergli di tornare indietro nella
dimostrazione o di andare avanti, di dedurre un fenomeno dall'altro e di fare
tutto ciò che possa essere consono alla verità delle cose: ebbene, egli, se
abile, non esiterà in nulla e sempre, anche dagli anfratti delle piú intricate
dimostrazioni, approderà ad una unità coerente e salda.
Si potrebbe
obiettare che la stessa cosa, in parte la si può dire ancora, in parte la si
poteva sostenere circa le tavole e le antiche ipotesi che invece Copernico
respinge come false. Allo stesso modo si potrebbe ora obiettare a Copernico,
col medesimo argomento, dicendo che per quanto egli renda ragione in maniera
egregia dei fenomeni, tuttavia le sue ipotesi sono false. Rispondo prima di
tutto che le antiche ipotesi non spiegano affatto alcune questioni di capitale
importanza. Ad esempio non spiegano le cause del numero, o della quantità e del
tempo delle retrogradazioni [dei pianeti] e perché esse corrispondano perfettamente
al luogo e al moto medio del Sole. In tutte queste cose, poiché in Copernico
appare un ordine bellissimo, è necessario che sia invece presente una causa.
Per di piú Copernico non nega niente di quelle ipotesi che forniscono una
stabile causa delle apparenze e che si accordano con l'osservazione, anzi, le
accoglie tutte e le esplica.
Sembra
infatti che abbia mutato molte cose nelle ipotesi consuete, ma le cose non
stanno cosí. Può accadere infatti che una medesima conclusione risulti da due
premesse differenti per la specie in quanto appartenenti al medesimo genere e
che in virtú di questo genere accada ciò di cui si tratta. Cosí Tolomeo
dimostrò il sorgere e il tramontare delle stelle senza muovere da questo
termine medio piú vicino e appropriato: che cioè la Terra sta nel centro
immobile. E Copernico dimostra la medesima cosa senza richiamarsi a questo
termine medio: che cioè la Terra si muova, lontano dal centro. Ad ambedue
infatti basta dire (come del resto hanno detto) che ciò si verifica perché tra
il cielo e la Terra si frappone una certa separazione di movimenti e perché,
rispetto alle stelle fisse, la distanza della Terra dal centro non è
avvertibile. Dunque Tolomeo se dimostrò alcuni fenomeni, non li dimostrò
ricorrendo ad un termine medio falso e accidentale. Tuttavia sbagliò nella
formulazione della legge [logica], in quanto ritenne che certe cose si
verificassero per la specie quando invece avvengono per il genere. Donde appare
evidente che Tolomeo da una falsa disposizione dell'Universo dimostrò tuttavia
cose vere e consone al cielo e ai nostri occhi, e che non v'è alcuna ragione di
sospettare che qualcosa di simile avvenga anche per le ipotesi copernicane. Ché
anzi resta fermo quanto detto fino dall'inizio: che non possono essere falsi i princípi
di Copernico per mezzo dei quali si rivela la causa costante, ignota agli
antichi, di moltissimi fenomeni.
Ciò
comprese il grandissimo Tycho Brahe, astronomo piú grande di ogni possibile sua
celebrazione. Pur dissentendo completamente da Copernico circa la collocazione
della terra, egli ha accettato da Copernico ciò in grazia del quale conosciamo
ora le cause di cose finora sconosciute: che cioè il Sole è il centro [dei
movimenti] di cinque pianeti. Che il Sole sia immobile al centro è infatti un termine
medio troppo angusto per spiegare le retrogradazioni. Basta affermare che il
Sole è al centro di cinque pianeti. Altre sono le cause per le quali Copernico
assunse la specie al posto del genere e collocò il Sole al centro del Mondo e
la Terra mobile intorno ad esso. Infatti per passare adesso dall'astronomia
alla fisica, o cosmografia, queste ipotesi di Copernico non solo non sbagliano
nei confronti della natura, ma anzi le sono assai piú consone. La natura
infatti ama la semplicità e l'unità; in essa non vi è nulla di inutile o
superfluo e assai spesso una sola cosa è destinata da essa a molti effetti.
Presso le consuete ipotesi [dell'astronomia tradizionale] non v'è fine nella
finzione di sempre nuove sfere: presso Copernico molti movimenti conseguono da
pochissimi orbi [orbite]. Per tacere adesso del reciproco attraversamento degli
orbi di Venere e Mercurio e di altre cose cui l'antica astronomia, con tutta la
sua libertà di fingere gli orbi, stenta tutt'ora a trovare una soluzione. E
cosí quest'uomo non solo liberò la natura da quell'oneroso e inutile apparato
di tanto numerose sfere, ma ci svelò anche il tesoro inesauribile di calcoli
divini circa le meravigliose proprietà di tutti i corpi e dell'intero Universo.
E non esito ad affermare che ciò che Copernico scoprí a posteriori e dimostrò
con l'osservazione, se fosse vissuto (come spesso si augura Rheticus) avrebbe
potuto dimostrarlo a priori, senza fatica, mediante assiomi geometrici, come
testimonia lo stesso Aristotele.
(La rivoluzione scientifica: da
Copernico a Newton, a cura di Paolo Rossi, Loescher, Torino, 1973, pagg.
191-196)