Keynes
ritiene che nonostante quanto comunemente si ritenga, le idee sono spesso piú
forti degli interessi economici.
J. M.
Keynes, The General Theory of Employment, Interest end Money, London
1936; trad. it. A. Campolongo, Teoria
generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta, UTET, Torino,
1971, pagg. 526-527
“È speranza visionaria l’avverarsi di queste idee? Sono gli interessi che esse colpiscono piú forti e piú ovvi di quelli che esse promuovono? Non tento di rispondere in questo luogo [...]. Ma se le idee sono corrette [...] predico che sarebbe un errore contestare la loro potenza nel corso di un certo periodo di tempo [...]. Le idee degli economisti e dei filosofi politici, cosí quelle giuste come quelle sbagliate, sono piú potenti di quanto comunemente si ritenga. In realtà il mondo è governato da poche cose all’infuori di quelle. Gli uomini della pratica, i quali si credono affatto liberi da ogni influenza intellettuale, sono spesso schiavi di qualche economista defunto [...]. Sono sicuro che il potere degli interessi costituiti si esagera di molto, in confronto con l’affermazione progressiva delle idee [...]. Presto o tardi sono le idee, non gli interessi costituiti, che sono pericolose sia in bene che in male”.
Novecento filosofico e scientifico, a cura di A. Negri, Marzorati, Milano, 1991,
vol. IV, pag. 47