Kierkegaard
riprende lo schema di san Paolo secondo il quale il cristianesimo non può
essere che scandaloso per la ragione
S Kierkegaard, Scuola di cristianesimo
Al pari del concetto di “fede” anche quello di “scandalo” è una categoria specificamente cristiana che si riferisce alla fede. La possibilità dello scandalo è una specie di bivio, pone dinanzi a un bivio. Ci si allontana da questa possibilità per andare o allo scandalo o alla fede; ma non si giunge mai alla fede senza passare attraverso la possibilità dello scandalo.
Lo scandalo si riferisce essenzialmente all’unione di Dio e dell’uomo, o all’Uomo-Dio. La speculazione ha naturalmente creduto di poter “concepire” l’Uomo-Dio, e s’intende, perché la speculazione lo spoglia delle determinazioni di temporalità, di contemporaneità, di realtà. Insomma, e non si esagera a dire che ciò significa semplicemente abbandonarsi a delle buffonate e farsi beffe della gente, è triste e terribile vedere che quest’atteggiamento ha ricevuto gli onori di una profonda teoria. No, l’Uomo-Dio è legato anche alla situazione, quella situazione in cui l’individuo al tuo fianco è l’Uomo-Dio. Questi non è l’unità di Dio e dell’uomo, una simile terminologia è una profonda illusione ottica. L’Uomo-Dio è l’unità di Dio e di un individuo particolare. Che il genere umano sia o debba essere imparentato con Dio, è paganesimo antico; ma che un uomo particolare sia Dio, è cristianesimo, e quell’uomo particolare è l’Uomo-Dio. Né in cielo, né in terra, né all’inferno, né nei traviamenti del pensiero piú fantastico si incontra la possibilità di un’associazione cosí folle per la nostra ragione. Lo si riconosce quando si è nella situazione di contemporaneo, e non c’è possibilità di rapporto con l’Uomo-Dio senza mettersi prima in questa situazione.
Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, 1971, vol. XVIII, pag.
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