Thomas
S. Kuhn (1922-1996), discepolo di Popper, sottolinea il carattere di rottura
radicale che assumono le rivoluzioni scientifiche. La scienza moderna,
presumendo una realtà immutabile del mondo esterno, governato da leggi di tipo
matematico, implica un aumento lineare della conoscenza che avanza con la
scoperta di nuove leggi o di nuovi aspetti di leggi già note, senza che queste
possano contraddire quanto è già stato scoperto e conosciuto. Per la scienza
moderna la Rivoluzione scientifica del XVI e del XVII secolo ha risolto i
problemi - a livello di metodo, ma anche di concezione della realtà - una volta
per tutte. Ma - sostiene Kuhn - quello che è accaduto con la Rivoluzione
scientifica è destinato a ripetersi: le nuove teorie impongono una revisione di
tutte le spiegazioni, anche convincenti, fornite dalle teorie precedenti; fra
la vecchia teoria e la nuova c'è un salto che non può essere previsto e
spiegato con i paradigmi della vecchia teoria, un salto che sembra esulare dal
procedere razionale della ricerca scientifica; il cambiamento delle
regole non può essere spiegato dalle regole destinate a essere contraddette.
Th. S.
Kuhn, La struttura delle rivoluzioni scientifiche
Ogni
rivoluzione scientifica ha reso necessario l'abbandono da parte della comunità
di una teoria scientifica un tempo onorata, in favore di un'altra incompatibile
con essa; ha prodotto, di conseguenza, un cambiamento dei problemi da proporre
all'indagine scientifica e dei criteri secondo i quali la professione stabiliva
che cosa si sarebbe dovuto considerare come un problema ammissibile o come una
soluzione legittima di esso. Ogni rivoluzione scientifica ha trasformato la
immaginazione scientifica in un modo che dovremo descrivere in ultima istanza
come una trasformazione del mondo entro il quale veniva fatto il lavoro
scientifico. Simili cambiamenti, assieme alle controversie che quasi sempre li
accompagnano, sono le caratteristiche che definiscono le rivoluzioni scientifiche.
Queste
caratteristiche emergono con particolare chiarezza dallo studio, per esempio,
della rivoluzione newtoniana o della rivoluzione chimica. È però una tesi
fondamentale di questo saggio che tali caratteristiche possono venire
rintracciate anche nello studio di molti altri episodi che non furono
rivoluzionari in maniera cosí evidente. [...] La invenzione di nuove teorie
suscita regolarmente, ed appropriatamente, la medesima reazione da parte di
alcuni degli specialisti sulla cui sfera di competenza esse hanno
ripercussioni. Per costoro, la nuova teoria implica un mutamento delle regole
che governano la precedente prassi della scienza normale e perciò,
inevitabilmente, si ripercuote su gran parte del lavoro scientifico che essi
hanno già compiuto con successo. Questa è la ragione per la quale una nuova
teoria, per quanto specifica sia la sua sfera di applicazione, è raramente, o
non è mai, soltanto un'aggiunta a ciò che è già noto. La sua assimilazione
richiede la ricostruzione della teoria precedente e una nuova valutazione dei
fatti precedentemente osservati, processo intrinsicamente rivoluzionario che
raramente è condotto a termine da un unico uomo e che non può realizzarsi da un
giorno all'altro.
(Th. S.
Kuhn, La struttura delle rivoluzioni scientifiche, Einaudi, Torino,
1978, pagg. 25-26)