L'idea, propriamente, è solo un concetto euristico, e non ostensivo; e ci dice, non come un oggetto è costituito, ma come, sotto la guida di esso concetto, noi dobbiamo indagare la costituzione e la connessione degli oggetti dell'esperienza in genere. Che se si può dimostrare che, sebbene le tre idee trascendentali (psicologica, cosmologica e teologica) non si riferiscano direttamente a nessun oggetto a loro corrispondente e alla sua determinazione, tuttavia tutte le regole dell'uso empirico della ragione, nell'ipotesi d'un tale oggetto nell'idea, conducono a un'unità sistematica e ampliano sempre la conoscenza sperimentale, mentre non possono mai esser contro ad essa: allora è una massima necessaria della ragione procedere secondo tali idee. E quest'è la deduzione trascendentale di tutte le idee della ragion speculativa, non quali princìpi costitutivi dell'ampliamento della nostra conoscenza sopra più oggetti che non ne possa fornire l'esperienza, ma quali princìpi regolativi dell'unità sistematica del molteplice della conoscenza empirica in generale, la quale viene così meglio stabilita e regolata dentro i suoi limiti; ciò che non potrebbe accadere senza tali idee, mercé il semplice uso dei princìpi dell'intelletto. Spiego questo più chiaramente. Anzitutto, in conseguenza di queste idee come princìpi, dobbiamo connettere (nella psicologia) tutti i fenomeni, operazioni e recettività della nostra anima al filo conduttore dell'esperienza interna, come se essa fosse una sostanza semplice, che esistesse (almeno nella vita) costantemente con l'identità personale, mentre i suoi stati, ai quali quelli del corpo si riferiscono solo come condizioni esterne, cangiano continuamente. In secondo luogo (nella cosmologia) in una ricerca che non potrà compiersi mai, noi dobbiamo perseguire la serie delle condizioni così degl'interni come degli esterni fenomeni naturali, come se essa fosse in sé infinita e senza un termine primo e supremo, quantunque non perciò noi neghiamo fuori di tutti i fenomeni i primi princìpi, puramente intelligibili, di essi, ma non pertanto non possiamo mai metterli nella catena delle spiegazioni naturali, poiché non li conosciamo punto. Finalmente, e in terzo luogo, noi dobbiamo (rispetto alla teologia) considerare tutto ciò che può comunque entrare nella catena dell'esperienza possibile, come se questa costituisse un'unità assoluta, ma sempre affatto dipendente, e sempre anche condizionata dentro il mondo sensibile, e pur nondimeno come se il complesso di tutti i fenomeni (lo stesso mondo sensibile) avesse fuori del suo àmbito un unico sommo e onnisufficiente fondamento, ossia una ragione in qualche modo per sé stante, originaria e creatrice, in relazione alla quale noi stabiliamo ogni uso empirico della nostra ragione nella sua massima estensione, come se gli oggetti fossero derivati da quel prototipo di ogni ragione. Ciò vuoi dire: dovete derivare i fenomeni interni dell'anima non da una sostanza semplice pensante, ma gli uni dagli altri secondo l'idea di un essere semplice; non da una suprema Intelligenza dovete ricavare l'ordine e l'unità sistematica del mondo, ma, dall'idea d'una causa supremamente sapiente, trarre la regola, alla quale la ragione deve attenersi nella connessione delle cause e degli effetti nel mondo, per la sua propria soddisfazione.
(Immanuel Kant, Critica della ragion pura, Laterza, Roma-Bari 2000, pp. 422-424)