KIERKEGAARD, I CAVALIERI DELL'INFINITO SONO DEI BALLERINI


 

I cavalieri dell’infinito sono dei ballerini, che non mancano di elevazione. Saltano in aria e ricadono; passatempo non sgradevole né spiacevole a vedersi. Ma ogni volta che ricadono, non possono ritrovarsi subito sulle loro gambe, vacillano un istante, in un’esitazione che mostra quanto essi siano estranei al mondo. Quel vacillare è più o meno sensibile, a seconda della bravura; ma neppure il più abile fra di loro può dissimularlo. È inutile guardarli mentre sono in aria; basta vederli al momento in cui toccano il suolo. Allora è possibile riconoscerli. Ma ricadere in modo tale, che si paia, al tempo stesso, diritti e in moto; trasformare in marcia il salto nella vita; esprimere lo slancio sublime nella più comune andatura, ecco ciò di cui è capace soltanto il cavaliere della fede, ecco il prodigio unico.

 

(S. Kierkegaard, Timore e tremore, Mondadori 1997, pp. 34-35)