Félicité
Robert de La Mennais, prima ateo, poi cattolico e sacerdote, all’inizio degli
anni Trenta divenne fautore di un difficile rapporto fra liberalismo e
cristianesimo (era contrario al concordato fra Stato e Chiesa) che il papa
stesso, Gregorio XVI, s’incaricò di condannare. Allora La Mennais si allontanò
dalla Chiesa in nome di un cristianesimo interpretato come dottrina sociale a
favore dei poveri, degli emarginati e degli oppressi. Nel 1848 fu eletto deputato
dell’Assemblea costituente. In questo brano il filosofo osserva che, nella
crisi dell’epoca, dopo che tutti i vincoli sociali sono stati spazzati via,
l’uomo è rimasto solo e nella piú grande confusione. La Mennais non riesce a
vedere nella crisi del suo tempo nient’altro che la tendenza a rifiutare
l’esistente e a distruggere tutto in nome di non si sa cosa.
F. R. de La Mennais, Saggio
sull’indifferenza in materia di religione
Oggi tutti i vincoli sociali sono spezzati, l’uomo è solo, la fede sociale è scomparsa; gli spiriti, abbandonati a se stessi, non sanno a che appigliarsi; li si vede prendere a caso mille direzioni contrarie. Ne derivano un generale disordine, una spaventosa instabilità di opinioni e di istituzioni. Si respingono l’errore e la verità, di cui si è ugualmente stanchi. C’è nel fondo dei cuori, insieme a uno strano malessere, un immenso disgusto della vita ed un insaziabile bisogno di distruzione che ha infinite manifestazioni, in tutte le classi sociali. Ricchi e poveri, popoli, grandi, persino i re, tutti, quasi incalzati dai secoli da loro rinnegati, corrono precipitosi verso un avvenire sconosciuto. Con l’ansia della fine, i governi si rovinano da soli, ma forse non fino al punto e cosí presto come sarebbe desiderio loro e della folla. Si scorge ancora, oggi, qualche resto del passato, ma quest’ombra fuggitiva rende inquieti. Non c’è limite né barriera che gli spiriti non infrangano. In ogni Stato e nel mondo si sognano addirittura rivoluzioni totali, la completa distruzione di ciò che è, senza che nessuno si preoccupi di sostituirvi nulla. Si vuole una nuova religione, ma non si sa quale; una nuova forma di società, ma non si sa quale; una nuova legislazione e nuovi costumi, ma non si sa quali: deplorabile sintomo della completa perdita del buon senso e della fine della ragione sociale.
Grande Antologia filosofica, Marzorati, Milano, 1971, vol. XIX, pagg.
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