Proprio a partire dal Seicento la discussione se una
società di atei fosse mai esistita, se fosse possibile, se fosse addirittura
migliore, ha accompagnato la storia della filosofia per secoli. La posizione di
La Mothe le Vayer, cioè che l’ateo è un cittadino migliore del credente,
trovava allora ben pochi consensi. Charron era un altro esponente del movimento
libertino.
Alcuni ritengono che non si esageri mai nella religione,
l’eccesso essendo lodevole nelle cose buone, e che in ogni caso sia meglio
d’esser superstiziosi piuttosto che empi o atei. Altri sono favorevoli
all’opinione di Plutarco che ha mostrato, in un trattato apposito, il rovescio
della medaglia. L’ateismo, dice il cancelliere Bacone nei suoi Saggi morali
inglesi, lascia all’uomo il senso, la filosofia, la pietà naturale, le leggi,
la reputazione e tutto quel che può servir di guida alla virtú; ma la
superstizione distrugge tutto ciò ed erige una tirannia assoluta
nell’intelletto degli uomini. Per questo l’ateismo non portò mai turbamento
negli Stati, ma anzi rende gli uomini piú previdenti, non avendo essi da
guardar piú lontano. E trovo, aggiunge, che i tempi inclini all’ateismo, come
il tempo di Augusto Cesare e come il nostro, che gli è propizio in qualche
luogo, sono stati dei tempi civili e lo sono ancora, mentre la superstizione è
stata la confusione di parecchi Stati avendo indotto alla novità il primo
mobile che rapisce tutte le altre sfere dei governi, vale a dire il popolo.
Alcuni dicono che bisogna temere questo tre volte grande Iddio, e tremare
davanti alla faccia del Signore, sí come David proclama nel suo cantico (I Paralip.,
19) che il suo Dio è terribilis super omnes deos; e Charron sostiene a
questo riguardo nella sua Saggezza che tutte le religioni sono strane ed
orribili per il senso comune.
Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, 1968, vol.
XII, pag. 828