L'unità di materia e spirito, di
corpo e anima, ha conseguenze anche sul piano giuridico e sociale: ad esempio
rispetto al problema della schiavitú.
G. W. Leibniz, La nozione
comune della giustizia
Rispondo che, quand'anche
ammettessi l'esistenza di un diritto di schiavitú tra gli uomini, conforme alla
ragione naturale, e l'asservimento ai relativi padroni, secondo il jus
strictum [cioè secondo un punto di vista strettamente giuridico], del corpo
degli schiavi e dei loro nati, resterebbe pur sempre vero che un altro piú
forte diritto contrasta all'abuso del diritto in questione: e questo è il
diritto delle anime ragionevoli ad una naturale ed inalienabile libertà; e,
ancora, il diritto di Dio, padrone supremo dei corpi e delle anime, sotto il
quale i padroni sono sudditi non diversamente che i loro schiavi, fruendo gli
uni e gli altri, nel nome di Dio, di un medesimo diritto di cittadinanza.
Si potrebbe dunque dire che la
proprietà del corpo di un uomo spetta all'anima sua, la quale, finché dura la
vita, non può esserne privata.
Ora, non potendo l'anima essere
oggetto d'acquisto, non si potrebbe del pari acquistare la proprietà del
relativo corpo [...].
(Grande Antologia Filosofica,
Marzorati, Milano, 1968, vol. XIII, pag. 228)