Le percezioni insensibili, come
il suono delle singole onde del mare, sono appercepite dal soggetto nella forma
unificata del “muggito del mare”. Il suono delle stesse onde, però, non è
sentito da tutti nello stesso modo: questo dimostra non soltanto il ruolo
determinante del soggetto, ma anche la diversità fra gli individui, ciascuno
dei quali osserva l'Universo da un punto di vista particolare.
G. W. Leibniz, Nuovi saggi
sull'intelletto umano, Prefazione
D'altronde vi sono mille segni
che fanno giudicare che vi sono a ogni momento una infinità di percezioni in
noi, ma senza appercezione e senza riflessione, cioè cambiamenti nell'anima di
cui noi non ci accorgiamo perché le impressioni sono o troppo piccole o troppo
numerose o troppo congiunte, sicché non si riesce a distinguerle se non in
parte; ciò nonostante esse non cessano di far sentire i loro effetti e di farsi
sentire almeno confusamente nel loro insieme. [...] Così vi sarebbero in noi
percezioni delle quali non ci accorgiamo subito, non derivando l'appercezione
che dall'avvertimento dopo un qualche intervallo, per piccolo che sia. E per
meglio giudicare delle piccole percezioni che non sapremmo distinguere in una
folla [di percezioni] sono solito servirmi dell'esempio del muggito o rumore
del mare dal quale si è colpiti quando si è sulla riva. Per intendere questo
rumore bisogna che se ne percepiscano le parti che lo costituiscono, cioè il
rumore di ogni singola onda, benché ciascuno di questi brusii non si faccia
conoscere che nell'insieme confuso di tutte le altre onde, cioè dentro questo
muggito stesso, e non potrebbe essere notato, se questa onda che lo produce
fosse sola. Perciò bisogna che si sia turbati, almeno un poco, dal movimento di
ogni singola onda e che si abbia una qualche percezione di ciascuno di questi
rumori, per quanto lievi siano, o altrimenti non vi sarebbe neppure quello di
centomila onde, perché centomila niente non possono fare qualche cosa.
[...]
Quanto piú, infatti, si è attenti
a non trascurare nulla di ciò che possiamo determinare, tanto piú la pratica
risponde alla teoria: ma soltanto la Suprema Ragione, a cui non sfugge nulla, è
in grado di comprendere distintamente tutto l'infinito, tutte le ragioni e
tutte le conseguenze. Il nostro potere sull'infinito si limita a conoscerlo
confusamente, e a sapere quanto meno, distintamente, che c'è. Diversamente noi
giudicheremmo malissimo della bellezza e della grandezza dell'Universo, né
potremmo disporre di una fisica efficace, che spieghi la natura delle cose in
generale, e ancor meno di una buona pneumatica, che abbracci la conoscenza di
Dio, delle anime e delle sostanze semplici in genere.
Tale conoscenza delle percezioni
insensibili serve anche a spiegare perché e come due anime umane, o, in
generale, di una stessa specie, non escano mai perfettamente simili dalle mani
del Creatore, e abbiano ciascuna un rapporto originario con il particolare
punto di vista da cui guarderanno l'Universo. Del resto, questo è una
conseguenza di quanto ho già osservato degli individui: e, cioè, che la loro
differenza non è mai esclusivamente numerica.
(G. W. Leibniz, Scritti
filosofici, UTET, Torino, 1967, vol. II, pagg. 173-174, 178)