Leibniz, Sulla prova cartesiana dell'esistenza di Dio

Leibniz ripropone, di fronte alla “dimostrazione” dell'esistenza di Dio condotta da Descartes secondo la cosiddetta argomentazione ontologica, le obiezioni che Tommaso d'Aquino aveva sollevato a proposito della dimostrazione di Anselmo d'Aosta e di quanti l'avevano ripresa anche nell'ambiente della Scolastica: la prova ontologica presuppone che Dio esista, presuppone cioè ciò che deve essere dimostrato. Per completare la dimostrazione di Descartes Leibniz introduce il concetto di possibilità.

 

G. W. Leibniz, De synthesi et analysi universali

 

La nozione di circolo proposta da Euclide - la figura descritta dal moto di una retta su un piano, intorno a un estremo immobile - offre una definizione reale: è chiaro, infatti, che una tale figura è possibile. Perciò è utile possedere definizioni che includano la generazione della cosa o, almeno, se essa manca, la sua costituzione: in questo modo si fa apparire la cosa, o producibile, o, almeno, possibile.

Di questa osservazione mi sono servito, una volta, nell'esaminare l'imperfetta dimostrazione cartesiana dell'esistenza di Dio, su cui spesso ho discusso anche per scritto con dottissimi seguaci di Cartesio. Cartesio argomenta cosí: tutto ciò che si può dimostrare in base alla definizione della cosa, si può predicare della cosa stessa. Ma dalla definizione di Dio (Essere sommamente perfetto, o, secondo la formulazione di alcuni scolastici, di cui non si può pensare nulla di maggiore) segue la sua esistenza (infatti l'esistenza è una perfezione, e qualcosa che contenesse l'esistenza oltre a tutte le altre perfezioni sarebbe senz'altro maggiore, o piú perfetto): dunque, di Dio si può predicare l'esistenza, cioè Dio esiste. Questo argomento, rinnovato da Cartesio, era stato proposto da uno degli antichi scolastici in un apposito libro (intitolato Contra insipientem): ma Tommaso, tra gli altri, rispose che esso presupponeva che Dio fosse: cioè, secondo che io interpreto, che abbia un'essenza, almeno come l'ha la rosa in inverno; ovvero che tale concetto sia possibile. é questo, dunque, il privilegio dell'essere perfettissimo: che, posto che sia possibile, senz'altro esiste; cioè dalla sua essenza, o concetto possibile, segue l'esistenza. Ma se codesta dimostrazione ha da essere rigorosa, si deve predimostrare tale possibilità. In altri termini, di nessuna nozione possiamo servirci con sicurezza per tessere dimostrazioni, se non sappiamo che è possibile: a partire dagli impossibili, infatti, che contengono contraddizione, si possono dimostrare anche conseguenze contraddittorie; e questa è la ragione per cui, per una definizione reale, è richiesta la possibilità.

 

(Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, 1968, vol. XIII, pagg. 158-159)