La fusione di meccanica,
matematica e metafisica consente a Leibniz di considerare il mondo esistente
come “il migliore dei mondi possibili”, all’interno del quale “c’è un progresso
perpetuo e liberissimo”, un infinito processo di miglioramento.
G. W.
Leibniz, De rerum originatione radicali
Verso una somma sempre maggiore
di universale bellezza e perfezione delle opere divine si deve riconoscere,
anche, che c’è un progresso perpetuo e liberissimo dell’intero Universo, per
cui si raggiunge una cultura sempre maggiore. Allo stesso modo una gran parte
della nostra Terra viene ora coltivata, e sarà coltivata sempre di piú; e per
quanto, senza dubbio certe parti tornino a diventar selvagge, decadano, o
vadano in rovina, ciò va visto, tuttavia, al modo che ora abbiamo spiegato le
afflizioni: questa stessa distruzione e decadenza è utile al raggiungimento di
qualcosa di piú importante, sicché veniamo, in qualche modo, a guadagnare dallo
stesso danno.
E all’obiezione che, allora, il
mondo da gran tempo dovrebbe essere diventato un paradiso, si risponde
facilmente: sebbene già molte sostanze siano giunte a una grande perfezione,
per l’indefinita divisibilità del continuo rimangono sempre, nell’abisso delle
cose, parti sopite, ancora da svegliare, da migliorare e ingrandire e, in una
parola, da portare a una cultura sempre maggiore. Né, perciò, il progresso
giungerà mai a un termine.
(Grande Antologia Filosofica,
Marzorati, Milano, 1968, vol. XIII, pag. 173)