Lenin, L’imperialismo è capitalismo monopolistico

Dopo aver definito l’imperialismo come il capitalismo arrivato a regime di monopolio, Lenin enumera quattro tipi di monopolio e ricorda che la forma monopolistica accentua l’aggressività del capitalismo.

 

Lenin, L’imperialismo, fase suprema del capitalismo

 

Abbiamo visto come l’imperialismo, per la sua natura economica, sia capitalismo monopolistico. Già questo solo fatto basta a determinare la posizione storica dell’imperialismo, giacché il monopolio, nato sul terreno della libera concorrenza, e proprio dalla libera concorrenza, è il passaggio dall’ordinamento capitalista a un piú elevato ordinamento sociale ed economico. Si devono distinguere particolarmente quattro tipi principali di monopolio e quattro principali manifestazioni del capitalismo monopolistico che caratterizzano il corrispondente periodo.

Primo: il monopolio sorse dalla concentrazione della produzione in uno stadio assai elevato di essa. Si formarono allora le associazioni monopolistiche di capitalisti: cartelli, sindacati e trust. Abbiamo già veduto quale enorme funzione essi compiano nell’attuale vita economica. Al principio del secolo XX essi acquistarono l’assoluta prevalenza nei paesi progrediti, e se i primi passi sulla via della cartellizzazione furono compiuti da paesi con alti dazi protettivi (Germania, America), tuttavia poco tempo dopo anche l’Inghilterra, con tutto il suo sistema di libertà commerciale, mostrava lo stesso fenomeno fondamentale: il sorgere dei monopoli dalla concentrazione della produzione.

Secondo: i monopoli condussero all’accaparramento intensivo delle principali sorgenti di materie prime, specialmente nell’industria piú importante e piú cartellata della società capitalistica, quella siderurgico-mineraria. Il possesso monopolistico delle piú importanti sorgenti di materia prima ha aumentato immensamente la potenza del grande capitale e acuito l’antagonismo tra l’industria dei cartelli e l’industria libera.

Terzo: i monopoli sorsero dalle banche. Queste si trasformarono da modeste imprese di mediazione in detentrici monopolistiche del capitale finanziario. Tre o cinque grandi banche, di uno qualunque tra i paesi piú evoluti, attuarono l’“unione personale” del capitale industriale e bancario, e concentrarono nelle loro mani la disponibilità di miliardi e miliardi che costituiscono la massima parte dei capitali e delle entrate in denaro di tutto il paese. La piú cospicua manifestazione di tale monopolio è l’oligarchia finanziaria che attrae, senza eccezione, nella sua fitta rete di relazioni di dipendenza tutte le istituzioni economiche e politiche della moderna società borghese.

Quarto: il monopolio sorse dalla politica coloniale. Ai numerosi “vecchi” moventi della politica coloniale, il capitale finanziario aggiunse ancora la lotta per le sorgenti di materie prime, quella per l’esportazione di capitali, quella per le “sfere d’influenza”, cioè per le regioni che offrono vantaggiosi affari, concessioni, profitti monopolistici, ecc., e infine la lotta per il territorio economico in generale. Quando, per esempio, le potenze europee occupavano con le loro colonie solo una decima parte dell’Africa, come era il caso ancora nel 1876, la politica coloniale poteva allora svolgersi in forma non monopolistica, nella forma, per cosí dire, di una “libera presa di possesso” di territorio. Ma allorché furono occupati già nove decimi dell’Africa (verso il 1900), allorché fu terminata la divisione del mondo, allora, com’era inevitabile, s’iniziò l’età del possesso monopolistico delle colonie, e quindi anche di una lotta particolarmente intensa per la spartizione e ripartizione del mondo.

È noto a tutti quanto il capitale monopolistico abbia acuito tutti gli antagonismi del capitalismo. Basta accennare al rincaro dei prezzi e alla pressione dei cartelli. Questo inasprimento degli antagonismi costituisce la piú potente forza motrice del periodo storico di transizione, iniziatosi con la definitiva vittoria del capitale finanziario mondiale.

Lenin, L’imperialismo, fase suprema del capitalismo, Edizioni “Progress”, Mosca, pagg. 262-263