Della produzione letteraria di
Leonardo da Vinci fanno parte anche alcune favole scritte sul modello di quelle
di Esopo e di Fedro. Di tono moraleggiante, le favole di Leonardo mettono
costantemente in guardia dai pericoli dell'ignoranza e della presunzione, cosa
ancora peggiore: la vera saggezza nasce dalla conoscenza della Natura e da una
vita in armonia con essa.
Leonardo da Vinci, Favole,
29 (Atl., 175 v.a)
Uscendo un
giorno il rasoro di quel manico col quale si fa guaina a se medesimo, e postosi
al sole, vide il sole ispecchiarsi nel suo corpo: della qual cosa prese somma
groria, e rivolto col pensiero indirieto, cominciò con seco medesimo a dire:
“Or tornerò
io piú a quella bottega, della quale novamente uscito sono? Certo no; non
piaccia alli Dèi, che sí splendida bellezza caggia in tanta viltà d'animo! Che
pazzia sarebbe quella la qual mi conducessi a radere le insaponate barbe de'
rustichi villani e fare sí meccaniche operazione! Or è questo corpo da simili
esercizi? Certo no. Io mi vogli[o] nascondere in qualche occulto loco, e lí con
tranquillo riposo pasare mia vita”. E cosí, nascosto per alquanti mesi, un
giorno ritornato all'aria, e uscito fuori della sua guaina, vide sé essere
fatto a similitudine d'una rugginente sega, e la sua superficie nonispecchiare
piú lo splendiente sole. Con vano pentimento indarno pianse lo inriparabile
danno, con seco dicendo:
“O quan[to]
meglio era esercitare col barbiere il mi' perduto taglio di tanta sottilità!
Dov'è la lustrante superfizie? Certo la fastidiosa e brutta ruggine l'ha
consumata!”.
Questo
medesimo accade nelli ingegni, che 'n scambio dello esercizio si danno
all'ozio, i quali, a similitudine del sopradetto rasoro perden la tagliente
suttilità e la ruggine della ignoranzia guasta la sua forma.
(L. da Vinci, Scritti
letterari, Rizzoli, Milano, 19914, pag. 91)