Il potere legislativo, che è il
“potere supremo della comunità politica”, non può stabilire alcuna legge che
sia contraria alla legge di natura; non deve interferire nella libertà
individuale dei cittadini e deve quindi essere separato dal potere esecutivo:
di fronte alle leggi che egli stesso ha prodotto, il legislatore è uguale a
tutti gli altri cittadini.
J. Locke, Secondo trattato sul
governo, parr. 135, 136, 138, 143-146, 148
Il potere
legislativo è non solo il potere supremo della comunità politica, ma è anche
sacro e inalterabile nelle mani nelle quali la comunità lo ha una volta
collocato, e nessun editto di nessun'altra persona, quale che sia la forma in
cui è concepito o il potere dal quale è sostenuto, ha la forza e l'obbligazione
di una legge, se non riceve la sanzione dal potere legislativo, che il pubblico
ha scelto e designato. Infatti senza ciò la legge non potrebbe avere ciò che è
assolutamente necessario per farne una legge, cioè il consenso della società,
perché nessuno può avere il potere di fare leggi sopra la società, se non ha il
suo consenso e se non in base all'autorità da essa ricevuta.
In primo
luogo il potere legislativo non è né può assolutamente essere in nessuna
eventualità un potere arbitrario sulla vita e le fortune del popolo. Infatti
esso è soltanto il potere congiunto di ogni membro della società, rassegnato
nelle mani delle persone o dell'assemblea che fa da legislatore: perciò non può
essere maggiore del potere che quelle persone avevano nello stato di natura,
prima che entrassero nella società e consegnassero quel potere nelle mani della
comunità: infatti nessuno può trasferire ad un altro piú potere di quello che
egli abbia su se stesso, e nessuno ha un potere arbitrario assoluto su se
stesso o su chiunque altro, sí da poter distruggere la propria vita o da poter
eliminare la vita o la proprietà di un altro. [...] È un potere che non ha
altro fine al di fuori della preservazione, e perciò chi lo detiene non può mai
avere il diritto di distruggere, rendere in schiavitú o premeditatamente
impoverire i sudditi. Le obbligazioni della legge di natura non vengono meno
nella società, ma semplicemente in molti casi sono stabilite in maniera piú
stretta e ricevono, per opera delle leggi umane, pene note collegate a esse,
per rafforzare la loro osservanza. Perciò la legge di natura rimane come una
regola eterna per tutti gli uomini, per i legislatori come per gli altri. Le
regole che i legislatori elaborano per le azioni degli altri uomini, devono
essere, esattamente come le azioni proprie e degli altri, conformi alla legge
di natura, cioè alla volontà di Dio, della quale la legge di natura è una
dichiarazione. E, poiché la legge fondamentale di natura è la preservazione
dell'umanità, nessuna sanzione umana può essere buona o valida, se va contro di
essa. In secondo luogo il potere legislativo, ossia l'autorità suprema, non può
arrogarsi il potere di governare con decreti arbitrari estemporanei, ma è
tenuta ad amministrare la giustizia e a decidere del diritto dei sudditi con
leggi stabili e promulgate, e per mezzo di giudici noti e autorizzati. In terzo
luogo il supremo potere non può togliere a nessun uomo nessuna parte della sua
proprietà senza il suo consenso. [...]
Il potere
legislativo è quello che ha il diritto di dare direttive sul modo in cui la
forza della comunità politica deve essere impiegata per conservare la comunità
e i membri di essa. Ma le leggi che devono essere costantemente eseguite e la
cui forza deve essere sempre in vigore possono essere fatte in un piccolo
tempo: perciò non c'è nessun bisogno che il potere legislativo sia sempre in
funzione, non avendo sempre qualcosa da fare. Per le persone che hanno il
potere di fare le leggi può essere una tentazione troppo grande, rispetto alla
fragilità umana, cosí pronta a impadronirsi del potere, avere nelle mani anche
il potere di eseguirle: e, con questo, esonerare se stessi dall'obbedienza alle
leggi che fanno, e adattare la legge, sia nel farla che nell'eseguirla, al loro
interesse privato, arrivando cosí ad avere un interesse distinto da quello del
resto della comunità, contrario al fine della società e del governo. Perciò in
una comunità politica bene ordinata, nella quale il bene del tutto è considerato
nella misura dovuta, il potere legislativo è posto nelle mani di persone
diverse, le quali, radunate in assemblea nei modi dovuti, hanno da sole, o
insieme con altri, il potere di fare leggi. Ma, una volta che le hanno fatte,
dopo essersi separati, sono essi stessi sottoposti alle leggi che hanno fatto;
e questo rappresenta un vincolo supplementare e efficace su di essi, perché si
prendano cura di fare leggi in vista del pubblico bene.
Ma poiché
le leggi, che sono fatte tutte insieme e in breve tempo, hanno una forza
costante e duratura, hanno bisogno di un'esecuzione continua e richiedono che
qualcuno si prenda cura che questa esecuzione avvenga, è necessario che ci sia
un potere sempre in funzione, che vigili sull'esecuzione delle leggi che sono
fatte, e che rimanga in forza. E cosí il potere legislativo e il potere
esecutivo vengono spesso a essere separati.
C'è un
altro potere in ogni comunità politica che si potrebbe chiamare naturale,
perché è quello che risponde al potere che ogni uomo naturalmente ha prima di
essere entrato in una società, il potere di guerra e di pace, di stipulare
leghe e alleanze, e di fare tutte le transazioni possibili con tutte le persone
e le comunità fuori della politica; e questo potere può essere chiamato
federativo, se a qualcuno cosí piace.
Sebbene,
come ho detto, il potere esecutivo e il potere federativo di ogni comunità
siano realmente distinti in se stessi, tuttavia essi possono difficilmente
essere separati, e collocati, nello stesso tempo, nelle mani di persone distinte.
Infatti entrambi, nel loro esercizio, richiedono la forza della società, ed è
quasi praticamente impossibile collocare la forza della comunità politica in
mani distinte e non subordinate l'una all'altra, o collocare il potere
esecutivo e quello federativo in persone che possono agire separatamente,
sicché la forza del pubblico sarebbe collocata sotto comandi diversi; il che
potrebbe condurre un giorno o l'altro a causare disordine e rovina.
(Grande Antologia Filosofica,
Marzorati, Milano, 1968, vol. XIII, pagg. 622-624)