L'empirismo di Locke si trova a
dover affrontare lo scoglio che, da Aristotele in poi, compare sulla strada di
chiunque si accinge a filosofare: il problema della sostanza. Sarebbe da miopi
ignorarlo e sarebbe presuntuoso pensare di poterlo affrontare e risolvere.
L'unica via che a Locke sembra percorribile è quella di elaborare una teoria
della conoscenza che - pur non ignorando l'esistenza del problema - si fondi
soltanto su ciò che è sicuramente certo: e quindi non sulla sostanza e
sulle sue definizioni.
J. Locke, Saggio
sull'intelletto umano, II, cap. XXIII, 1-2, 4-5
Lo spirito, come ho dichiarato, è
fornito di un gran numero di idee semplici, portate in esso nei sensi, cosí
come sono trovate nelle cose esterne, o dalla riflessione sulle proprie
operazioni; ma esso prende nota anche che un certo numero di queste idee
semplici vanno costantemente insieme, e, poiché si presume che esse
appartengano a un'unica cosa, e le parole sono adatte alle nostre apprensioni comuni
e vengono usate per una rapida comunicazione, quelle idee semplici, cosí unite
in un unico soggetto, sono chiamate con un unico nome. Ma poi, per
disattenzione, siamo portati a parlare di quelle cose come di un'unica idea
semplice e a considerarle un'unica idea semplice, mentre in realtà si tratta di
una mescolanza di molte idee insieme. Per cui, come ho detto, non immaginando
in che modo queste idee semplici possono sussistere di per sé, ci siamo
abituati a supporre un qualche substratum [supporto] nel quale esse di
fatto sussistano e dal quale risultino, e che, perciò, chiamiamo sostanza.
Per cui, se qualcuno esamina se stesso in relazione a questa nozione di una
sostanza pura in generale, troverà che di essa non ha assolutamente
nessun'altra idea all'infuori della supposizione di un supporto, che non
sa che cosa sia, della qualità che sono capaci di produrre in noi idee
semplici; queste qualità sono chiamate comunemente accidenti. Perciò, quando
parliamo di una particolare specie di sostanze corporee, come cavallo, pietra
ecc., o pensiamo ad esse, sebbene l'idea che abbiamo di una di esse sia
soltanto la mescolanza o collezione delle diverse idee semplici di qualità
sensibili che di solito troviamo unite nella cosa chiamata cavallo o pietra,
tuttavia, poiché non possiamo concepire come esse sussistano sole, senza
essere in qualche altra cosa, supponiamo che esistano in un comune soggetto
e siano sorrette da esso. Con il nome di sostanza denotiamo quel supporto,
sebbene sia certo che non abbiamo nessuna idea chiara o distinta della cosa che
supponiamo che sia un supporto. Lo stesso accade con le operazioni dello
spirito, come pensare, ragionare, temere ecc. Concludiamo che esse non
sussistano di per se stesse, né riusciamo a comprendere come esse possano
appartenere a un corpo o essere prodotte da esso, e perciò abbiamo la tendenza
a pensare che siano le azioni di qualche altra sostanza, che chiamiamo spirito.
Perciò è tuttavia evidente che non avendo nessun'altra idea o nozione di
materia, se non come qualcosa in cui tutte quelle molte qualità sensibili che
colpiscono i nostri sensi sussistono, supponendo che ci sia una sostanza della
quale sussistono il pensare, il conoscere, il dubitare e il potere di muovere
le cose ecc., abbiamo della sostanza dello spirito una nozione altrettanto
chiara quanto è quella che abbiamo del corpo. Dell'una si suppone che sia, pur
senza conoscere che cosa sia, il substratum delle idee semplici che
riceviamo dall'esterno, dell'altra si suppone che sia, con un'analoga ignoranza
di ciò che essa è, il substratum delle operazioni che sperimentiamo
dentro noi stessi. È evidente allora che l'idea di sostanza corporea
nell'ambito della materia è altrettanto remota dai nostri pensieri e dalle
nostre comprensioni, quanto quella di sostanza spirituale o spirito.
Perciò, a partire dal fatto che non abbiamo nessuna nozione della sostanza
dello spirito, non possiamo concludere che esso non esiste, piú di quanto
possiamo concludere che non esiste il corpo per la medesima ragione: infatti è altrettanto
ragionevole affermare che non c'è nessun corpo, perché non abbiamo nessuna idea
chiara e distinta della sostanza della materia, quanto lo è il dire che non c'è
nessuno spirito, perché non abbiamo nessuna idea chiara e distinta della
sostanza di uno spirito.
(Grande Antologia Filosofica,
Marzorati, Milano, 1968, vol. XIII, pagg. 640-642)