Contro la tirannide - cioè contro
“l'esercizio del potere oltre il diritto” - è sempre e comunque giusto
ribellarsi.
J. Locke, Secondo trattato sul
governo, parr. 199, 202, 203, 204, 209
Come
l'usurpazione è l'esercizio di un potere a cui un altro ha diritto, cosí la
tirannide è l'esercizio del potere oltre il diritto, a cui nessuno può aver
diritto. E ciò consiste nel far uso del potere che uno ha nelle mani non per il
bene di quelli che vi sottostanno, ma per il suo distinto vantaggio privato,
quando cioè il governante, di qualunque titolo sia insignito, fa norma non
della legge ma della propria volontà, e i suoi comandi e le sue azioni sono
dirette non alla conservazione delle proprietà del suo popolo, ma alla
soddisfazione delle proprie ambizioni, vendette, cupidigie o altre passioni
sregolate.
[...]
Là dove la
legge finisce, comincia la tirannide, quando la legge sia trasgredita a danno
di altri, e chiunque nell'autorità ecceda il potere conferitogli dalla legge e
faccia uso della forza che ha al proprio comando per compiere nei riguardi dei
sudditi ciò che la legge non permette, cessa, in ciò, d'esser magistrato, e, in
quanto delibera senza autorità, ci si può opporre a lui come ci si oppone a un
altro qualsiasi che con la forza viola il diritto altrui.
[...]
Ma allora
ci si può opporre ai comandi di un principe? Si può resistergli ogni volta che
ci si trova offesi, e anche soltanto quando si immagina che egli ci abbia fatto
qualcosa che non aveva il diritto di fare? Ma questo scardinerà e sovvertirà
tutte le società politiche, e invece del governo e dell'ordine non lascerà che
anarchia e confusione.
A questo
rispondo che la forza deve essere opposta soltanto alla forza ingiusta e
illegale. Chiunque fa opposizione in qualsiasi altro caso, attira su di sé una
giusta condanna sia di Dio sia dell'uomo; e cosí non ne seguirà nessuno di quei
pericoli e di quelle confusioni, che spesso vengono suggerite.
Se gli atti
legali si sono estesi alla maggioranza del popolo, o se il maltrattamento e
l'oppressione hanno toccato soltanto poche persone, ma in casi tali, che essi
costituiscono un precedente e hanno conseguenze che sembrano minacciare tutti
gli altri, e se questi sono persuasi nelle loro coscienze, che le leggi e con
esse le loro proprietà, libertà e vite sono in pericolo, e forse lo è perfino
la loro religione, non saprei dire come si possa impedir loro di far resistenza
alla forza illegale usata nei loro confronti. Questo è un inconveniente, lo
ammetto, che minaccia tutti i governi, quando i governanti sono arrivati a
questo punto, di essere generalmente sospettati dal loro popolo. Questo è lo
stato piú pericoloso nel quale essi si possono mettere; ma è anche lo stato nel
quale meno meritano di essere compianti, perché è cosí facile evitarlo. È
impossibile che si veda e si senta un governante in questa luce, se egli
realmente tende al bene del suo popolo e alla conservazione del popolo e
insieme della sua legge, proprio come per un padre di famiglia è difficile non
lasciar vedere ai bambini che li ama e che si prende cura di essi.
(J. Locke, Due trattati sul
governo, UTET, Torino, 1960, pagg. 401, 403;
Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, 1968, vol.
XIII, pag. 626)