Konrad Z.
Lorenz (1903-1989) è stato uno dei fondatori dell’etologia ed è noto per i suoi
studi sul comportamento degli animali in libertà. In questa lettura egli
giudica “una separazione malefica” la divisione radicale fra il mondo degli
umanisti e dei filosofi da una parte e quella degli scienziati dall’altra. Dato
che l’uomo manifesta evidentemente un malessere di natura patologica, la sua
salvezza richiede l’abbattimento urgente di questa barriera.
K. Lorenz, L’altra faccia dello specchio,
Adelphi, Milano, 1974, pagg. 44-46
Benché io avessi dunque assunto piuttosto presto un atteggiamento gnoseologico già ben elaborato e benché mi fosse del tutto chiaro che anche l'uomo dispone di norme comportamentali innate accessibili alla problematica e al metodo delle scienze naturali, le mie aspirazioni conoscitive si arrestavano proprio davanti a quelle caratteristiche e a quelle prestazioni specificamente umane che si strutturano a livello della vita culturale.
È stato il medico in me che alla fine si è ribellato a queste limitazioni. Il progressivo decadere della nostra cultura è cosí evidentemente un processo di natura patologica, presenta in modo cosí evidente le caratteristiche di una malattia dello spirito umano che ne discende in modo categorico l'esigenza di analizzare la cultura e lo spirito umano sulla base della problematica delle scienze mediche. Ogni tentativo di ripristinare il funzionamento di un sistema globale di cui si sia rotto l'ordine interno richiede come premessa necessaria una visione generale dell'articolarsi delle sue strutture. La speranza di riuscire a riportare ordine nel sistema senza una comprensione causale tanto del suo funzionamento normale quanto della natura dei suoi disturbi è esigua [...]. È necessaria una visione naturalistica delle origini di queste manifestazioni di natura patologica, il che richiede una rottura della barriera tra scienze naturali e scienze umane proprio in un punto in cui essa viene invece difesa da entrambi i versanti: è noto che gli scienziati sono soliti sottrarsi a tutti i giudizi di valore; mentre per quel che riguarda tutte le questioni filosofiche implicanti un giudizio di valore, gli umanisti sono fortemente influenzati dall'atteggiamento idealistico per cui tutto quanto è suscettibile di una spiegazione naturalistica diventa, ipso facto, indifferente ai valori. Cosí la malefica barriera viene puntellata da entrambe le parti proprio là dove sarebbe piú necessario abbatterla. Da un punto di vista filosofico, la banale constatazione che anche l'uomo, come tutti gli esseri viventi, è fornito di modelli comportamentali acquisiti per via filogenetica e fissati per via ereditaria, viene giudicata un'affermazione blasfema. D'altra parte molti scienziati accolgono con incomprensione e disprezzo appena dissimulati il tentativo, richiesto dall'oggetto stesso dell'indagine etologica, di iniziare l'analisi con l'osservazione e la descrizione dell'oggetto in esame, invece di limitarsi alla definizione operativa e all'individuazione de metodo sperimentale, il che, secondo le opinioni oggi maggiormente di moda, sarebbe l'unico procedimento veramente “esatto” e “scientifico”. A nessuno di questi studiosi viene in mente che Keplero e Newton non hanno scoperto le leggi che governano il cielo stellato sopra di noi per via sperimentale, ma esclusivamente avvalendosi dell'osservazione e della descrizione dei fenomeni; e ancora meno viene loro in mente che gli stessi umili metodi sono forse in grado di svelare anche quell'altra legge, che ci governa dentro noi stessi, nel nostro comportamento etico e morale, legge ancor meno accessibile per via sperimentale di quella della gravitazione. Di conseguenza molti sono ancora gli ostacoli sulla via che porta, per l'uomo, alla conoscenza di sé. Pochi, troppo pochi sono quelli che lavorano per abbatterli. Certo, il loro numero sta gradualmente aumentando e, insieme con la convinzione che dal loro successo dipende in qualche modo il destino dell'umanità, aumenta anche il fervore della loro opera. Non vi è dubbio che la verità finirà per trionfare, ma l'interrogativo che ci assilla è se ciò avverrà ancora in tempo.
Novecento filosofico e scientifico, a cura di A. Negri, Marzorati, Milano, 1991,
vol. V, pagg. 783-784